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Maldini: 'Zero dubbi su De Ketelaere, ricordate Platini? Botman prima scelta, poi... Credevo nello scudetto, dissi ad Elliott di tenersi il tesoretto di gennaio'
Il direttore dell'area tecnica del Milan Paolo Maldini è intervenuto al Festival dello Sport di Trento de La Gazzetta dello Sport. Queste le sue dichiarazioni più significative, a partire da un retroscena sull'arrivo in rossonero di Theo Hernandez: "Il mio primo acquisto in solitaria in realtà è stato Krunic con cui eravamo già d'accordo l'anno precedente, è stata la prima cosa che ho fatto da solo. Il caffè con Theo a Ibiza? Ho usato le parole che avrei usato con un mio figlio. Un pochino con i miei calciatori sento questo rapporto paterno perché so benissimo le difficoltà a cui si vanno incontro in certi palcoscenici. Parto con questo vantaggio di essere Maldini, ma non è dato solo dal fatto che io abbia fatto parte della storia del Milan. Il vantaggio è proprio essere legato a questo club, che è stato grande negli anni 50-60, è stato grande alla fine degli anni 70, è stato grande con Berlusconi. Ha una storia che non va neanche presentata, parla da sola. Quindi quando un calciatore viene chiamato da questo club è più facile credere a quello che viene raccontato, che poi però devono essere vere: così ci si guadagna la fiducia".
Sul suo ruolo di garante del progetto: "Si veniva da anni difficili in cui non ti qualificavi in Champions, devi raccontare quindi ai calciatori un progetto credibili e vincente, ma ridimensionato nei costi. Mi sento un po' garante del progetto rossonero, e la sento. Questo è normale che in una grande azienda le persone non mettano radici, io invece ce le ho. Ce le ho da quando mio papà è venuto a giocare al Milan negli anni 50, quando sono andato a fare il provino a Linate, quando ho portato i miei figli".
Su Giroud e la svolta scudetto nel derby della scorsa stagione: "Giroud è un campione, punto e basta. Ha vinto un Mondiale, gioca in nazionale, è un professionista esemplare. La caratteristica principale di un campione è che è umile ed è un uomo squadra. Un campione viene fuori quando c'è bisogno. Internamente sapevamo che quella era l'occasione per arrivare ad un sogno, lo sentivamo, ci abbiamo creduto e i risultati sono arrivati. Non ero sicuro di poter vincere lo scudetto, ma ci credevo: so cosa vale la squadra. Questa cosa qua l'ho detta a Natale a Gordon Singer (figlio del proprietario del fondo Elliott), non avevamo budget per il mercato: la Juventus prende Vlahovic, l'Inter Gosens, allora un piccolo budget è venuto fuori. Io ho detto: "Non lo voglio, siamo forti così. Da lì...".
Sul nuovo presidente Gerry Cardinale: "Gli ho raccontato la mia origine, la mia vita. Gerry è una persona che ha energia. Vuole fare, ascolta. Mi piace molto. L'idea che viene trasmessa è una sorta di continuità rispetto ad Elliott, hanno preso questo club che è stato risanato dal punto di vista economico e che adesso dovrebbe riuscire a risalire verso obiettivo un pochettino più grandi. Una promessa per il futuro in ottica Champions? Non c'è nessuna promessa, la promessa te la posso fare io: quella di non andare oltre i propri limiti economici. Tutto questo passa attraverso una ristrutturazione di tutto il calcio italiano in generale, la differenza con il calcio inglese è quasi insostenibile: la differenza di budget ci mette in difficoltà. Noi abbiamo altre armi, come storia e più idee. Il limite sicuro dei prossimi anni è quello dei ricavi/investimenti, non andremo oltre le nostre possibilità".
Su De Ketelaere: "Innanzitutto il mercato è dinamico. Noi abbiamo provato a prendere Botman prima di Charles, che avrebbe esaurito quello che era il nostro budget e avremmo virato su altri calciatori per quel ruolo lì. Le nostre idee a maggio rispetto a quello che è successo alla fine non c'è quasi un filo conduttore. A questo punto del nostro cammino non dobbiamo prendere giocatori medi, ma di grandissima prospettiva: Charles è uno di questi. È un 2001, ha fatto vedere cose importanti in Champions. C'è bisogno di tempo, so che il tifoso e i giornali non aspettano, ma noi dobbiamo aspettare. Io faccio l'esempio di Platini che alla Juventus per i primi sei mesi non ha fatto bene, poi è tornato a vincere tutto. Un 2001 non è pronto per farsi carico di tante responsabilità in un club come il Milan, questo equilibrio dobbiamo darlo noi. Sappiamo quali sono le strade per portare a crescere i giovani. Sui giovani si fanno delle scommesse, non tutte si vincono ma su di lui abbiamo davvero pochissimi dubbi".
Il rapporto con Massara: "Sapendo che il Milan era alla ricerca di un DS ho ricevuto tantissime telefonate che parlavano bene di Ricky. Io non lo conoscevo, ma parlandoci abbiamo parlato dei nostri trascorsi calcistici: lui ci aveva fatto gol col Pescara e col Pavia. Ho fatto un colloquio, mi è piaciuto tanto e siamo partiti. Ha la mia età, un percorso diverso dal mio e una visione diversa, è fondamentale. È un grandissimo conoscitore di calcio, un grandissimo lavoratore. Condivide i principi fondamentali della vita, e siamo praticamente una coppia di fatto, viviamo in simbiosi gran parte della settimana. A me piaceva Kjaer come giocatore, ma non lo conoscevo nei dettagli: lui ha insistito molto. È un giocatore sul quale Ricky ha spinto tanto".
Su Pioli: "Lo conoscevo perché ho giocato insieme a lui in Under 21 tantissimi anni fa. Non sapevo che avesse questa carica sul campo che è contagiosa, sprigiona energia che è incredibile. Questa energia è davvero incredibile, riesce a trasmettere ogni giorno qualcosa di eccezzionale, condivide i nostri progetti, le nostre strategie sul mercato. Non prende alibi. Tutte cose che abbiamo chiesto e che lui ha accettato perché lui è così. È cresciuto lui e ha fatto crescere noi, è un leader nato. Era considerato un normal one, al giorno d'oggi essere normali è gia una grandissima cosa. È un rapporto speciale, ci confrontiamo, condividiamo, litighiamo. È un sanguigno. Finalmente ha trovato un ambiente in cui può far vedere quello che realmente è come uomo e come allenatore. Scambio di opinioni sul mercato? Non ci soffermiamo tanto sui nomi ma sui profili: all'inizio non era così. Ci diceva che tanti dei ragazzi che sono arrivati non li conosceva. Condividiamo le idee su quello che c'è bisogno".
Su Ibrahimovic: "Gli ho detto di considerarsi 100% calciatore altrimenti non lo rinnovavamo. L'anno scorso quando ha giocato era ancora determinante. Futuro? Ha l'ansia del dover smettere, ma è normale. Cosa farà nella vita? Farà Zlatan".
Sul nuovo stadio: "Devo dire che la convivenza con l'Inter in questi anni è andata bene. Ci siamo divisi trofei, stadio, il piazzale. Non è assolutamente un problema condividere lo stadio. Poi non so quali saranno le decisioni da prendere nel futuro. La cosa chiara, e te lo dice una persona che ha avuto la mia storia, è che è uno stadio pieno di ricordo per tutti i tifosi milanisti. Ma vogliamo vivere di ricordi o creare qualcosa di nuovo per andare a crearne di altri. Il Milan non finisce con San Siro, va avanti. Dobbiamo creare qualcosa che ci renda comeptitivi ed è lo stadio, altrimenti davvero rimaniamo a raccontarci le cose degli anni che furono e non è una cosa che mi entusiasmi molto".
Su Maignan: "Quello che fa lui rispetto a tanti altri portieri è particolare. La sua capacità di calciare col destro e col sinistro, è il migliore dei nostri centrali a far girare la palla. È un portiere moderno, è un pignolo, ha voglia di arrivare, è ambizioso. È stato un acquisto molto molto azzeccato, un grande acquisto nel calcio moderno".
Sulle offerte rifiutate per Leao e per altre stelle del Milan: "A qualcuno ho detto di non presentarsi nemmeno... Per Theo Hernandez? Lo avete detto voi... Il problema è che poi tornano alla carica e allora devi decidere che cosa fare. Nell'ambito della sostenibilità del club, ribadisco che noi abbiamo i conti a posto e non abbiamo necessità di vendere nessuno. I più forti vogliamo tenerli, ma i giocatori incedibili oggi non esistono più".
Sul suo ruolo di garante del progetto: "Si veniva da anni difficili in cui non ti qualificavi in Champions, devi raccontare quindi ai calciatori un progetto credibili e vincente, ma ridimensionato nei costi. Mi sento un po' garante del progetto rossonero, e la sento. Questo è normale che in una grande azienda le persone non mettano radici, io invece ce le ho. Ce le ho da quando mio papà è venuto a giocare al Milan negli anni 50, quando sono andato a fare il provino a Linate, quando ho portato i miei figli".
Su Giroud e la svolta scudetto nel derby della scorsa stagione: "Giroud è un campione, punto e basta. Ha vinto un Mondiale, gioca in nazionale, è un professionista esemplare. La caratteristica principale di un campione è che è umile ed è un uomo squadra. Un campione viene fuori quando c'è bisogno. Internamente sapevamo che quella era l'occasione per arrivare ad un sogno, lo sentivamo, ci abbiamo creduto e i risultati sono arrivati. Non ero sicuro di poter vincere lo scudetto, ma ci credevo: so cosa vale la squadra. Questa cosa qua l'ho detta a Natale a Gordon Singer (figlio del proprietario del fondo Elliott), non avevamo budget per il mercato: la Juventus prende Vlahovic, l'Inter Gosens, allora un piccolo budget è venuto fuori. Io ho detto: "Non lo voglio, siamo forti così. Da lì...".
Sul nuovo presidente Gerry Cardinale: "Gli ho raccontato la mia origine, la mia vita. Gerry è una persona che ha energia. Vuole fare, ascolta. Mi piace molto. L'idea che viene trasmessa è una sorta di continuità rispetto ad Elliott, hanno preso questo club che è stato risanato dal punto di vista economico e che adesso dovrebbe riuscire a risalire verso obiettivo un pochettino più grandi. Una promessa per il futuro in ottica Champions? Non c'è nessuna promessa, la promessa te la posso fare io: quella di non andare oltre i propri limiti economici. Tutto questo passa attraverso una ristrutturazione di tutto il calcio italiano in generale, la differenza con il calcio inglese è quasi insostenibile: la differenza di budget ci mette in difficoltà. Noi abbiamo altre armi, come storia e più idee. Il limite sicuro dei prossimi anni è quello dei ricavi/investimenti, non andremo oltre le nostre possibilità".
Su De Ketelaere: "Innanzitutto il mercato è dinamico. Noi abbiamo provato a prendere Botman prima di Charles, che avrebbe esaurito quello che era il nostro budget e avremmo virato su altri calciatori per quel ruolo lì. Le nostre idee a maggio rispetto a quello che è successo alla fine non c'è quasi un filo conduttore. A questo punto del nostro cammino non dobbiamo prendere giocatori medi, ma di grandissima prospettiva: Charles è uno di questi. È un 2001, ha fatto vedere cose importanti in Champions. C'è bisogno di tempo, so che il tifoso e i giornali non aspettano, ma noi dobbiamo aspettare. Io faccio l'esempio di Platini che alla Juventus per i primi sei mesi non ha fatto bene, poi è tornato a vincere tutto. Un 2001 non è pronto per farsi carico di tante responsabilità in un club come il Milan, questo equilibrio dobbiamo darlo noi. Sappiamo quali sono le strade per portare a crescere i giovani. Sui giovani si fanno delle scommesse, non tutte si vincono ma su di lui abbiamo davvero pochissimi dubbi".
Il rapporto con Massara: "Sapendo che il Milan era alla ricerca di un DS ho ricevuto tantissime telefonate che parlavano bene di Ricky. Io non lo conoscevo, ma parlandoci abbiamo parlato dei nostri trascorsi calcistici: lui ci aveva fatto gol col Pescara e col Pavia. Ho fatto un colloquio, mi è piaciuto tanto e siamo partiti. Ha la mia età, un percorso diverso dal mio e una visione diversa, è fondamentale. È un grandissimo conoscitore di calcio, un grandissimo lavoratore. Condivide i principi fondamentali della vita, e siamo praticamente una coppia di fatto, viviamo in simbiosi gran parte della settimana. A me piaceva Kjaer come giocatore, ma non lo conoscevo nei dettagli: lui ha insistito molto. È un giocatore sul quale Ricky ha spinto tanto".
Su Pioli: "Lo conoscevo perché ho giocato insieme a lui in Under 21 tantissimi anni fa. Non sapevo che avesse questa carica sul campo che è contagiosa, sprigiona energia che è incredibile. Questa energia è davvero incredibile, riesce a trasmettere ogni giorno qualcosa di eccezzionale, condivide i nostri progetti, le nostre strategie sul mercato. Non prende alibi. Tutte cose che abbiamo chiesto e che lui ha accettato perché lui è così. È cresciuto lui e ha fatto crescere noi, è un leader nato. Era considerato un normal one, al giorno d'oggi essere normali è gia una grandissima cosa. È un rapporto speciale, ci confrontiamo, condividiamo, litighiamo. È un sanguigno. Finalmente ha trovato un ambiente in cui può far vedere quello che realmente è come uomo e come allenatore. Scambio di opinioni sul mercato? Non ci soffermiamo tanto sui nomi ma sui profili: all'inizio non era così. Ci diceva che tanti dei ragazzi che sono arrivati non li conosceva. Condividiamo le idee su quello che c'è bisogno".
Su Ibrahimovic: "Gli ho detto di considerarsi 100% calciatore altrimenti non lo rinnovavamo. L'anno scorso quando ha giocato era ancora determinante. Futuro? Ha l'ansia del dover smettere, ma è normale. Cosa farà nella vita? Farà Zlatan".
Sul nuovo stadio: "Devo dire che la convivenza con l'Inter in questi anni è andata bene. Ci siamo divisi trofei, stadio, il piazzale. Non è assolutamente un problema condividere lo stadio. Poi non so quali saranno le decisioni da prendere nel futuro. La cosa chiara, e te lo dice una persona che ha avuto la mia storia, è che è uno stadio pieno di ricordo per tutti i tifosi milanisti. Ma vogliamo vivere di ricordi o creare qualcosa di nuovo per andare a crearne di altri. Il Milan non finisce con San Siro, va avanti. Dobbiamo creare qualcosa che ci renda comeptitivi ed è lo stadio, altrimenti davvero rimaniamo a raccontarci le cose degli anni che furono e non è una cosa che mi entusiasmi molto".
Su Maignan: "Quello che fa lui rispetto a tanti altri portieri è particolare. La sua capacità di calciare col destro e col sinistro, è il migliore dei nostri centrali a far girare la palla. È un portiere moderno, è un pignolo, ha voglia di arrivare, è ambizioso. È stato un acquisto molto molto azzeccato, un grande acquisto nel calcio moderno".
Sulle offerte rifiutate per Leao e per altre stelle del Milan: "A qualcuno ho detto di non presentarsi nemmeno... Per Theo Hernandez? Lo avete detto voi... Il problema è che poi tornano alla carica e allora devi decidere che cosa fare. Nell'ambito della sostenibilità del club, ribadisco che noi abbiamo i conti a posto e non abbiamo necessità di vendere nessuno. I più forti vogliamo tenerli, ma i giocatori incedibili oggi non esistono più".