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  • Maldini: 'Preoccupato per il Milan, ma l'Uefa non ce l'ha con i rossoneri'

    Maldini: 'Preoccupato per il Milan, ma l'Uefa non ce l'ha con i rossoneri'

    "Un ex atleta, un marito, un papà, un uomo felice". Così si definisce Paolo Maldini alla soglia dei 50 anni, che compirà domani. L'ex capitano e bandiera del Milan si racconta a La Gazzetta dello Sport rispondendo a cinquanta domande, tante quante le candeline da spegnere, a partire dai momenti più importanti della propria vita e carriera: "Un momento sportivo e uno extrasportivo per ogni decade. 1-10: l’inizio della scuola (mi ha dato tanto anche se non mi sono diplomato) e i primi contatti con la palla. 11-20: l’incontro con Adriana e l’esordio in A. 21-30: la nascita di Cristian e il Mondiale 90 insieme alla prima Coppa Campioni. 31-40: la nascita di Daniel e la finale di Manchester. 41-50: la perdita dei genitori e il giorno che ho smesso. Gli anni più belli? Il 1996 e il 2001 per la nascita dei figli. E la stagione 2002-03: la migliore come forza, testa, tecnica".

    BERLUSCONI E SACCHI - "Quante volte ho pensato 'sono pazzi'? Di Berlusconi ho pensato: “Speriamo abbia ragione”. E di Sacchi, beh, ho pensato spesso che fosse pazzo e un pochino lo penso anche adesso. Ma senza di lui non ci sarebbe stata l’epopea del Milan. Significa che un pizzico di follia ci vuole".

    SECONDA PELLE - "La maglia come una seconda pelle? Per me è così: io ho avuto solo due maglie, quella rossonera e quella azzurra. E la scelta, quella vera, non la fai da bambino ma poco alla volta comprendendo ad esempio che quella squadra ha i tuoi stessi obiettivi. Non ho mai preso in considerazione l’idea di lasciare il Milan e mai la società ha pensato di vendermi".

    IL MALDINI MIGLIORE - "A livello fisico quello del ‘91-92 e del ‘93-94. Ma scelgo il Maldini del 2002-03. Io sono stato un esteta perché me l’ha insegnato papà. Ho sempre provato a fare la partita perfetta, ma è impossibile. Ti ci puoi avvicinare, ma solo se giochi in posizione centrale come nel 2002-03 e non sulla fascia. Quell’anno disputai 19 partite di Champions, tutte. E molte le giocai bene".

    ESSERE UNA BANDIERA - "Significa avere responsabilità in più e arriva un momento in cui sei pronto a prenderle. Anche se non sei tu a decidere di diventare una bandiera. Da ragazzo io cercavo di guardare il più possibile e di parlare il meno possibile. A un certo punto, però, capii che era giunto il momento di prendere delle responsabilità. E allora cambia anche la percezione degli altri nei tuoi confronti".

    IL MIGLIOR MILAN - "Il primo di Sacchi, il ‘92-93 di Capello e il 2002-03 di Ancelotti. C’era tantissima qualità, anche in panchina".

    LA GIOIA PIU' GRANDE - "L’esordio in Serie A. Sul pullman verso lo stadio mi chiedevo “ma io qui ci posso stare?”. Non avrei mai pensato di entrare. Poi accadde. Il campo era brutto, il primo pallone che toccai fu un retropassaggio a Terraneo. Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se quella palla fosse rimbalzata male...".

    RIVOLUZIONE ATLETICA - "Sì. Prima le preparazioni erano perfino più dure, ma imperniate su idee degli anni Sessanta. Pensi che durante l’allenamento non si poteva bere: dicevano che l’acqua faceva male... Di sicuro noi andavamo più veloce di quanto si va adesso. Anche troppo: verticalizzavamo sempre e facevamo poco possesso. Adesso si esagera col possesso e così si fatica di meno. Un mix tra gestione e verticalizzazione sarebbe perfetto. Con Sacchi vincemmo appena un campionato perché non gestivamo le gare".

    MAESTRI - "La mia fortuna è stata avere tanti bravi maestri. Capello in Primavera, Liedholm, poi Sacchi che ha stravolto tutto. Mi sono goduto anche Zaccheroni e la difesa a tre: io ero contrario ma lui fu bravo a spiegare cosa voleva".

    SAN SIRO - "Cos'è? Un teatro, un luogo sacro. E la mia seconda casa, vicino alla prima...".

    IL COMPAGNO PIU' FORTE E IL PIU' DIVERTENTE - "Difficile... Scelgo Baresi per l’agonismo, la volontà, la tecnica. Il più divertente? In campo Weah, fuori De Napoli, Carbone, Rino e molti altri".

    PREOCCUPAZIONE - "Preoccupato per il Milan? Sì, sono preoccupato. Non credo che l’Uefa ce l’abbia col Milan, anzi credo che vorrebbe un Milan forte. Poi vedremo gli sviluppi".

    ITALIA - "Italia-Argentina '90, Italia-Brasile '94 o Milan-Liverpool '05, quale rigiocherei? Italia-Argentina: la finale più giusta sarebbe stata tra noi e la Germania e poi... a Roma avremmo vinto. Nel ‘94 il Brasile giocò meglio. Per quanto riguarda il Liverpool, quella finale l’ho rigiocata due anni dopo..".

    SCHERZI CON DEL PIERO E BUFFON A MANCHESTER - "Leggerezza la nostra forza? Certo, ma a Sacchi e Capello questa leggerezza non piaceva. Ecco perché gli anni più belli sono stati quelli con Ancelotti. Io penso che se sei pronto, puoi anche scherzare e sorridere: la concentrazione resta".

    FERITE - "Peggio le critiche dopo il Mondiale 2002 o il trattamento dei tifosi l'ultimo giorno a San Siro? Le critiche dopo il Mondiale. Lì siamo andati oltre il campo, c’era molta ignoranza. Mi chiesero addirittura se giocavo perché ero raccomandato: io? Nel 2002?".

    IL RIVALE PER ECCELLENZA - "Me stesso: ogni giorno in allenamento alzavo l’asticella. Quella sfida mi stimolava".

    COPPA DEL MONDO O PALLONE D'ORO - "La Coppa del Mondo, che dipende da quello che fai in campo. Il Pallone d’oro dipende da giudizi personali".

    RECORD DI PRESENZE IN A - "Fanno piacere. Ho ancora il primato di minuti giocati al Mondiale. Un mio amico americano che non sa molto di calcio ha comprato il libro del Guinness e suo figlio mi ha trovato lì dentro. Bello... Ho segnato anche il gol più veloce della finale di Champions".

    COMPETITIVITA' - "La testa era sempre “da lavoro”. Ero così competitivo che quando tornavo a casa scendevo dal tram due fermate prima e poi facevo la gara col tram. Il campione non vuole mai perdere. Prima generazione senza di me, come mi descriverei a un bimbo di 10 anni? Sanno tutto di me e sa perché? Sono ancora nella PlayStation. E quando mi incontrano per strada mi chiedono se ero così veloce in campo... Comunque mi descriverei come un bravo difensore innamorato della palla. Mi è sempre piaciuto calciare, toccare quella cosa rotonda che ho adorato fin da bambino".

    CALCIO - "Cosa mi manca di più? L’arrivo allo stadio, la tensione pre-gara, quando ti schieri a centrocampo. Momenti bellissimi. Cosa non ho mai sopportato? Non mi è mai piaciuto sentirmi obbligato a fare qualcosa per soddisfare i tifosi. E poi perché dovevo sentirmi un rifiuto umano dopo una sconfitta? Io già stavo male di mio...".

    ITALIA - "C'è una sufficiente cultura sportiva? No, assolutamente. Non si accetta la sconfitta. Ricordo sempre l’entusiasmo dei tifosi del Liverpool sullo 0-3 a Istanbul".

    NIENTE MONDIALE - "Pagato il conto tutto insieme? Esatto: il Dio pallone ha presentato il conto di quattro anni di errori e ci ha fatto saltare un giro. La Federazione non aveva messo il calcio al centro del progetto. Il più grande problema del calcio italiano? La gestione, non abbiamo ancora un presidente. Abete lo stimo, è una bravissima persona, ma siamo sempre lì. La gestione dell’eliminazione con la Svezia è stata ridicola".

    TOP 11 AVVERSARI - "Troppo difficile. Però faccio il podio: Maradona, Ronaldo e poi a pari merito Zidane, Platini e Romario".

    AMICI - "Tra gli ex giocatori Ba, Carbone, Sheva, Tassotti, Baresi, Massaro, Ferrara. Poi ci sono gli amici extra-calcio che frequento da quando ho smesso. Prima non mi concedevo nemmeno un caffè con loro".

    RITORNO AL MILAN E FIGC - "Detto no a tante proposte? Ma non è proprio così. Ho la fortuna di non aver bisogno di lavorare e quindi di poter selezionare. A Barbara Berlusconi, però, avevo detto sì: non è saltata per mia volontà. Ho detto di no alla proprietà attuale. Con la Nazionale avrei fatto il team manager al Mondiale 2014, ma poi non mi chiamarono più. Dissi no al Chelsea perché avevo appena smesso e non era chiaro il mio ruolo. Ipotesi Figc? È tutto un grande punto interrogativo".

    AGGETTIVI - "Uno per questi personggi? Liedholm rassicurante. Berlusconi visionario. Galliani milanista. Sacchi ossessivo e visionario anche lui. Capello pratico. Ancelotti sereno. Vicini gentiluomo. Baresi coraggioso. Costacurta sottovalutato. Il decimo è mio padre: onesto".

    ERRORI - "Ne ho commessi tanti e solo sbagliando si cresce. Ma ogni volta mi sono preso le mie responsabilità".

    TALENTO E RISPETTO - "Cos'è il talento? Un dono di Dio, dei tuoi genitori. Ma per uno sportivo non basta, anzi fa aumentare i rimpianti se non lo sviluppi. Io non ero il talento delle squadre giovanili del Milan. Ci sono tanti ragazzi talentuosi che non arrivano. Perché rispettato da tutti? Semplice: se dai rispetto, ricevi rispetto. La strada è lunga, perché si ha sempre la sensazione che giocando a calcio la gente non capisca chi tu sia. Ma non è così, la gente capisce. Quindi bisogna essere se stessi".

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