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Maldini e Del Piero, fuga di cervelli
Cinque anni prima, sempre di maggio, al Meazza di San Siro. Il Milan di Carletto Ancelotti ospita la Roma. Vinceranno i giallorossi per tre a due, ma si tratta di un dettaglio buono per le statistiche. In realtà la maggioranza degli ottantamila spettatori si è data appuntamento allo stadio per celebrare un giorno speciale e per rendere legittimo tributo a un campione che ha scritto pagine memorabili della storia rossonera. Per Paolo Maldini, il capitano, è arrivato il momento del congedo per quel che riguarda il calcio giocato dopo una carriera a dir poco memorabile. Il finale lo lascerà basito, incredulo, incazzato di brutto al punto da rivelare in seguito che quello fu il peggior giorno della sua carriera. E’ vero che una grande fetta del Meazza, dopo il fischio di chiusura della gara, lo applaude scandendo il suo nome. Ma è altrettanto “storia” l’inimmaginabile evento che vede l’intera curva ultras rossonera fischiare sonoramente il suo capitano e ricoprirlo di insulti molto pesanti. E Paolo, che si aspettava un’ovazione in linea con tutto ciò che lui aveva fatto per il Milan in anni di fedeltà assoluta alla bandiera, paradossalmente dovette attendere sette giorni per ricevere dal pubblico viola di Firenze la meritata standing ovation. Qualcuno, evidentemente, seduto nelle tribuna del Meazza, non avrebbe sopportato l’idea che il “mito” potesse trasferirsi dal campo ad un ufficio con tanto di scrivania dirigenziale per acclamazione popolare.
Due storie che, viaggiando in parallelo, vanno alla fine a combaciare per confermare una strampalata regola moto italiana secondo la quale (Andreotti docet) “Il potere consuma chi non ce l’ha e chi ce l’ha è pronto a tutto pur di non farselo portare via”. Pronto anche ad ogni tipo di nefandezza, mi permetto di aggiungere. Morale dei due film. Per l’ennesima volta siamo costretti a registrare una dolorosa e masochista operazione chiamata “fuga di cervelli”. Paolo Maldini e Alex Del Piero, infatti, hanno ampiamente dimostrato di essere due fuoriclasse non solo con il pallone tra i piedi. Il loro status innato di “giocatori pensanti” li ha certamente aiutati a lavori in corso, ma li ha anche mortificati nel momento in cui avrebbero potuto (e dovuto) entrare a far parte del Sistema Guida per il bene dell’intero movimento. Siamo un Paese di gente strana dove è quasi impossibile trovare l’uomo giusto messo al posto giusto. Altrimenti persone come Rivera e Zoff non sarebbero mai state alla finestra del calcio. E Roby Baggio non si sarebbe trovato in Federazione per temperare le matite. Sicchè Paolo, per poter mettere in opera il suo spirito manageriale, ha dovuto migrare in Florida dove si è comprato il Miami permettendo a Galliani di tirare un lungo sospiro di sollievo. In quanto ad Alex, cresciuto anche sotto l’aspetto dirigenziale dopo le esperienze maturate in luoghi alla fine del mondo, è pressoché scontato che andrà a fare le fortune del Mallorca, in Spagna, perché neppure alla Juve ci si può permettere una “bandiera” più amata e più grande delle altre. Buon per loro che, oltre a divertirsi lavorando e a guadagnare, respireranno anche aria di mare migliore che non a Milano e a Torino. Ma che delitto, però!