Mail da Atalantini.com: 'Giù le mani da Bergamo'
Caro Direttore,
Queste sono parole che loro hanno pubblicato e che conoscono tutti. L'articolo del Direttore della Rosea, che i Lettori del nostri sito sapranno valutare nella propozione tra azione e reazione. Nei nostri commenti, gente della Curva, ma, anche e soprattutto, degli altri settori dello stadio, quell ritenuti più moderati.
C'è da dire che, grazie a Internet, l'informazione non è più così legata a certi ambiti, come prima.
L'utente non ha più l'anello al naso e alcune rivoluzioni passate (violente, nel Medio Oriente) o minacciate (pacifiche, speriamo come il fenomeno Beppe Grillo) hanno visto l'informazione in Rete come colonna portante dei rispettivi movimenti. Al singolo utente è chiesto di pesare, valutare e decidere liberamente.
Quando un insieme di circostanze inizia a muovere le coscienze e a trovare riscontro in una massa sempre crescente di persone, esso non può essere sempre trascurato, sottaciuto e sottovalutato, altrimenti il soggetto incriminato finisce tanto per assomigliare al protagonista di quella barzelletta che riceve dall'autoradio la notizia di un tizio avvistato in autostrada mentre percorre, come un pazzo, la corsia contromano. "Uno? Ma se ne avrò visti almeno duecento", il pensiero ad alta voce dopo avere appreso il fatto.
Il pensiero va ai detentori di quell che, una volta, ritenevamo essere la testata più autorevole di tutte, che leggevamo avidamente tra i banchi di scuola o al bar nelle pause, il lunedì mattina.
Per fortuna, o purtroppo, non siamo più i silenziosi e fedelissimi valligiani di una volta che costituivano lo zoccolo duro dei Mille o che iniziavano a lavorare alla funivia del Cervino quando la temperatura frenava gli altri, accollandosi il grosso dei carichi per spartire poi i meriti alla stessa stregua. E chi si è visto, si è visto. E non contiamo le altre mille opere benemerite della nostra gente. Questo non è il pulpito.
Bergamo è una città di rara civiltà, lungi dall'essere perfetta, ma degna di ben altro Paese (senza riferimenti politici). L'abbiamo dimostrato con l'affare Doni, un ladro di galline rispetto ad altri che calcano i campi (basta leggere le accuse), eppure destinato all'oblio solo per averci preso per il culo. Papale papale.
Altre piazze si tengono presidenti già condannati (guarda un po' il Genoa) o amano incaricare come raccattapalle personaggi di dubbia (eufemismo) provenienza. Usano lame e bombe carta perchè lo sfascio dei locali è coerente a quello della loro società. Non a Bergamo.
La Bergamasca, sino all'anno scorso costituiva il quinto mercato per venduto della Rosea. Rosea che non tratta esattamente allo stesso modo piazze difficili, come le citate e piazze semplicemente agitate, come la nostra.
Agitate, vero, ma solo dall'amore per la squadra e coerentemente con l'origine della gente, che cova geneticamente passione quasi partenopea a fronte di un apparente distacco.
Null'altro. Se poi la nostra grinta, il nostro modo di fare brusco, i toni accesi e il parlare incomprensibile vengono a volte presi come una minaccia, quello non è affar nostro: documentatevi e imparate a conocerci, prima di (s)parlare.
Se poi qualcuno dei nostri ultras verrà condannato, lo fareno anche noi, come abbiamo fatto dopo i fatti di Alzano (i disordini alla Berghem Fest) o la deplorevole aggressione ad un giornalista locale.
Prima della sentenza, l'appello civile e compreso, non può che essere uno: giù le mani da Bergamo.
Calep