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    Ma quali 'Notti magiche' e balletti: l'Italia non ha ancora vinto niente, i giocatori pensino solo all'Austria

    Ma quali 'Notti magiche' e balletti: l'Italia non ha ancora vinto niente, i giocatori pensino solo all'Austria

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Scusate il predicozzo, ma a me le immagini dei calciatori azzurri che cantano in coro e davanti alle telecamere “Notti magiche”, peraltro dopo aver fatto la doccia ed essersi rimessi l’abito di ordinanza, sono sembrate fuori luogo. Primo, perché passare il girone rappresentava il minimo sindacale e averlo fatto da primi (anzi da “primissimi” come ha titolato un’incontenibile Gazzetta dello Sport) aggiunge poco in rapporto al valore modesto degli avversari. Secondo, perché non si è ancora vinto niente di niente e perché fin dagli ottavi comincia una competizione totalmente diversa e, per certi versi, assai anomala. Partita secca che esige un vincitore: sia esso entro i 90 o 120 minuti, eventualmente si va ai rigori. 

    Difficile che l’Austria, nostro prossimo avversario, migliori tecnicamente e diventi più pericoloso del poco che sembra, ma questi sono discorsi da giornalisti. I calciatori sono obbligati a pensare che qualsiasi avversario è il più forte del mondo e che per batterlo serve il massimo dello sforzo fisico e mentale. Chi pecca di hybris (superbia) finisce per pagare con la Nemesi (il nome della Dea distributrice di giustizia) e l’Italia che canta e che balla non può permettersi né euforia, né festeggiamenti anticipati.

    Ovviamente da questo discorso sono esclusi tifosi e affini che hanno tutto il diritto di scendere in piazza e sventolare le bandiere ora che perfino il Covid sembra - dico sembra - darci una tregua e c’è bisogno, più che voglia, di stare insieme. Per ora si festeggia e si brinda davanti ai maxi schermi, i caroselli con le auto verranno dopo, se andremo avanti e magari arriveremo ad alzare la coppa. Tuttavia, da italiano e da tifoso, non vorrei che il crescente entusiasmo che ha accompagnato le tre partite venisse azzerato da un’eliminazione che, se non ci sta con l’Austria, potrebbe benissimo arrivare dal Belgio, non a caso numero 1 del ranking Fifa.

    Quale ricordo resterebbe di una nazionale estromessa ai quarti di finale, esattamente come accadde a quella di Conte nel 2016, complici i calci di rigore meglio tirati dalla Germania? Temo che anche chi oggi inneggia a Mancini e ai suoi ragazzi sarebbe pronto a scatenare il sarcasmo, magari ricordando che siamo stati troppo frettolosi nel cantare una vittoria che ancora non c’è.

    Sarò scomodo, ma io vorrei una Nazionale con il saio sulle spalle, molto spettacolare in campo (e con il Galles, senza offesa, non lo siamo stati) e pur nulla appariscente fuori. Con i giocatori che magari dicano qualche banalità in più se serve a schermare i fremiti e la voglia di vincere, ma con qualche eccesso di protagonismo in meno.

    Finora - va detto con chiarezza - a parte quell’esibizione davanti alle tv, tutti sono stati inappuntabili, ma i problemi possono arrivare adesso che uno tra Locatelli, Barella e Verratti dovrà stare fuori o, magari, se qualcuno pronto si sentirà messo da parte dal c.t.

    In questo, però, Mancini è una certezza. Non sonda solo i valori, sonda anche gli umori. E sa toccare le corde giuste. Siano quelle del cuore o della mente, finora non ha mai sbagliato.  

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