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    Ma quale interista? Nella squadra ideale di Mourinho c'è solo un nerazzurro

    Ma quale interista? Nella squadra ideale di Mourinho c'è solo un nerazzurro

    Nell'ambito di un'intervista rilasciata al Telegraph, Josè Mourinho svela la sua squadra ideale, composta da giocatori che il tecnico portoghese ha allenato nel corso della sua carriera, che lo ha visto vincere sulle panchine di Porto, Chelsea, Inter e Real Madrid

    L'UNDICI IDEALE DI MOURINHO - Eccolo, dunque, l'undici ideale dello Special One: Cech; Zanetti, Terry, Ricardo Carvalho, Gallas; Makelele, Lampard, Ozil, Hazard; Drogba, Cristiano Ronaldo.

    In panchina: Julio Cesar, Ashley Cole, Sergio Ramos, Deco, Robben, Sneijder, Eto'o.

    IL PRINCIPE DOV'E'? - Per un tecnico che poco più di un mese fa, intervistato da Gazzetta TV, aveva dichiarato: "Il triplete con l'Inter è stato il top", fa specie la presenza nella formazione titolare di un solo rappresentante della squadra nerazzurra, capitan Zanetti. E se in panchina ci sono altri due nerazzurri, Sneijder ed Eto'o, a far discutere è soprattutto l'assenza di Diego Milito, che dell'Inter del Triplete fu il micidiale terminale offensivo, a segno in tutte le gare decisive di quella stagione, compresa naturalmente la doppietta rifilata al Bayern Monaco nella finale di Champions League giocata al Santiago Bernabeu.  

    Nel corso dell'intervista, Mou affronta diversi temi, fra i quali l'età: "Non sono cosi' vecchio, a 52 anni credo di avere altri 20 anni da allenatore - racconta lo Special One - Ma mi sento una 'vecchia volpe', niente mi spaventa o mi preoccupa troppo, e' come se niente di nuovo potesse capitarmi. Sono molto, molto stabile nel controllare le mie emozioni anche se ho bisogno del mio tempo per riflettere, per provare ad anticipare i problemi. E devo provare a nascondere le mie emozioni, devo convivere con la vittoria e la sconfitta".

    Sul calcio attuale: "In questo momento il calcio sta un po' perdendo il concetto di squadra concentrandosi di piu' sulle individualita'. Guardiamo sempre alle prestazioni individuali, a chi corre di piu', ma non e' che se uno corre 11 km e l'altro 9, allora il primo ha fatto un lavoro migliore, magari i nove chilometri sono stati piu' importanti degli 11. Le individualita' sono le benvenute se migliorano il gruppo ma sei tu che devi lavorare per noi e non noi per te. Quando arriva un top player non e' Colombo che scopre l'America, arriva per aiutarci a essere migliori come squadra". 

    Sui giovani talenti: "Una volta i calciatori iniziavano a giocare aspettandosi di essere ricchi a fine carriera, adesso si aspettano di essere ricchi prima ancora di aver disputato la prima partita. L'unica cosa che non puoi dare a un calciatore e' il talento ma ogni giocatore e' il prodotto di qualcosa. Occorre che abbiano fortuna coi genitori, con gli agenti, hanno bisogno di educazione. Quando ho avuto i primi veri soldi, ero al Porto nel 2003, avevo trent'anni e qualcosa, ero sposato, ero pronto. Questi ragazzi hanno 16, 17, 19, 20 anni, non sanno come reagire, cosa fare". 

    Il ruolo dell'allenatore: "Non e' la persona piu' importante in un club ma al primo posto ci sono i tifosi, poi la proprieta', quindi i giocatori e infine l'allenatore. Anche se poi e' a lui che tutti guardano". 

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