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    Luciano Ferrara a CM: ‘Krol, la foto del primo respiro di Maradona al San Paolo e l’erede Osimhen’

    Luciano Ferrara a CM: ‘Krol, la foto del primo respiro di Maradona al San Paolo e l’erede Osimhen’

    • Simone Gervasio
    Un’intuizione, una finta, un’illuminazione. Come quelle di Diego Armando Maradona. Quella volta però il Pibe de Oro era solo protagonista di riflesso, quella volta l’idea geniale era venuta a un fotografo, l’unico che, a differenza degli altri in solenne attesa dell’argentino, ha pensato in modo differente. Come aveva detto Steve Jobs una dozzina d’anni dopo. È il 5 luglio 1984, è Napoli, è la presentazione al San Paolo di Diego, il fotografo è Luciano Ferrara e il suo scatto è lo scatto di Maradona a Napoli per antonomasia. C’è ovviamente anch’esso nella mostra che l’artista ha organizzato, con libro fotografico annesso, dal 12 maggio e che celebra il 1987 e il 1990, i due anni in cui per la prima volta nella propria storia la squadra di una città intera aveva messo le mani sullo Scudetto.

    ‘Ne faremo un altro per il 2023! Non potevo non andare a riguardarmi quelle foto in questo momento storico e l’idea mi è venuta subito. Volevo creare un qualcosa che potesse ricordare quegli anni magici, quei giorni di festa. Sono oltre 100 foto, ci sono interventi di chi c’era allora per chi invece c’è ora’.

    Luciano, quali sono le differenze e le somiglianze tra quanto successo 33 anni fa e quanto sta succedendo in queste settimane?
    ‘Le prime cosa che ho notato quando ho ripreso in mano quelle foto sono la spontaneità e l’organizzazione. Quelle feste erano molto più spontanee, naturali, libere sì ma con grande rigore. Non si nota mai nessun tipo di agitazione, c’erano davvero tutti i ceti sociali per strada. Non era una festa da stadio, ma una festa della città, del popolo. Quello che ricordo e che traspare da quelle foto è l’allegria, l’entusiasmo ma anche l’eleganza dei napoletani. Tutti guardavano in macchina, tutti dovevano e volevano esserci. Sentivano che quello che stavano vivendo fosse storico’.

    Quella che potrebbe esplodere oggi sarà una festa diversa?
    ‘Credo di sì. Anzitutto credo sia pericoloso voler chiudere, contenere la festa o gestire i varchi come ho sentito dire. Lasciamola esplodere per la città. Anche se mi rendo conto che si tratta di due situazioni totalmente diverse. All’epoca l’euforia generale scoppiò un minuto dopo il fischio finale della gara con la Fiorentina, non era stato programmato nulla. Oggi non è più come 33 anni fa. Allora uscivamo da un periodo durissimo, il terremoto era ancora vivo in noi, la città aveva grossi e tangibili problemi. Oggi la festa va avanti da 4/5 mesi forse e ha trasformato la città. E andrà avanti ancora a lungo.’

    Come la descriverebbe a chi non è lì?
    “Colore ovunque, chiunque dovrebbe vederlo, la città è completamente tappezzata. Non c’è un angolo che non sia azzurro. Chi è giovane non ha idea di cosa successe allora, quindi si gusteranno questa festa per la prima volta e faremo in modo di farla vedere a chi non c’è, è questo il nostro mestiere. Sarò allo stadio con i tifosi per documentare tutto. È reportage, cronaca, attualità. Mi aspetto una gioia indescrivibile ma pulita. È una festa diversa, magari meno artistica rispetto a quella del passato. Oggi vedo una gioia quasi già pronta, preparata, classica. Una festa a uso e consumo degli altri. Trentatré anni fa nessun turista poteva mai pensare di mischiarsi ai tifosi, era una vera festa del popolo. Questa volta ci sarà invece un mischione, sfileranno anche stranieri vestiti da tifosi del Napoli’.

    Chi si merita la foto di copertina?
    ‘Osimhen, senza dubbi. Lo trovo un grandissimo personaggio sociale, non dei social ma della nostra società. È un trascinatore, uno di noi, uno del popolo. Viene da una condizione disagiata, è un extracomunitario ma ha trovato accoglienza qui. Questa è una caratteristica del popolo e del cittadino napoletano, noi il razzismo non sappiamo cosa si sia. Accogliamo tutti quelli che si vogliono far accogliere da noi. E Victor è stato determinante, un capopopolo. È lui il nuovo Maradona, in questo senso. Non calcisticamente è chiaro, come Diego non c’è e non ci sarà mai nessuno, ma socialmente sì. Qui lo amano tutti, è un personaggio davvero interessante. Si mostra così com’è e comunica in un modo accattivante’.

    Ha seguito il terremoto in Irpinia, il crollo del Muro di Berlino, ha lavorato su tematiche sociali fondamentali: qual è il suo rapporto col calcio?
    ‘Sarò andato allo stadio quattro volte in vita mia… E due sono per Diego, una volta per una partita contro il Milan e un’altra contro la Juve. Ah e poi c’è quella volta di Krol’.

    Ce la racconti
    ‘Io ho lavorato 25 anni per i disoccupati, li ho seguiti dal 1973 al 1997, ho seguito le loro battaglie. Un giorno mi comprano un biglietto per la Curva e mi dicono che contesteranno il presidente Ferlaino che aveva appena comprato Ruud Krol per una cifra spropositata (10 milioni per il prestito di sette mesi, restò poi per altri quattro campionati, a 800 milioni a stagione e pagando un miliardo ai canadesi del Vancouver, ndr). All’epoca contestavano con striscioni, coprivano i monumenti della città. Mi dissero: “Tu vai in Curva A, noi saremo in Curva B e fotografa”. Fecero comparire uno striscione enorme che recitava: ‘Krollocamento truffa’. L’azione ebbe grande fortuna e la foto anche. In pratica dicevano: ‘Per noi soldi non ce ne sono, per i difensori olandesi invece sì’.

    Di lì a poco arrivò un altro straniero, uno che poi in realtà forse era più napoletano dei napoletani…
    ‘Per parlare di Maradona faccio subito un flash forward. Ero in Corso Umberto, in una sala enorme in cui lui, tornato dopo anni a Napoli, doveva discutere con l’agenzia delle entrate per i suoi problemi con le tasse. Fecero una conferenza stampa dopo quel fatto e c’era tutto il mondo. Parlo con il mio capo a ‘La Repubblica’ allora e con l’avvocato storico di Maradona, gli consegno e regalo la mia foto più famosa. Lui la alza e la porge a Diego che si commuove. Gli dico solo: “Questo è stato il tuo primo respiro al San Paolo”.

    Lo scatto è iconico, ci spiega la genesi?
    ‘Era il 5 luglio 1984, la presentazione di Maradona. Non mi occupavo di sport, facevo cronaca, Ma se arriva Diego e lavori sulla città, tu allo stadio ci devi andare, se è una notizia importante ci devi stare. E questa non era importante, era una bomba. Io a stento sapevo chi fosse però mi precipito. Non avevamo idea di come e quando sarebbe arrivato, ci avevano detto sarebbe arrivato in elicottero, lo aspettavamo chissà con il paracadute, non potevamo saperlo. Fatto sta che eravamo tutti al San Paolo tre ore prima del suo arrivo. Lo stadio era diverso da quello che vediamo oggi. L’uscita dagli spogliatoi era quella vecchia: uscivi dalla scala e ti trovavi sul terreno di gioco. Ci mettemmo tutti all’ingresso della scalinata. Doveva passare lì per forza, era l’unica certezza. Nella calca non potevamo perdercelo'.

    E poi?
    ‘Ci conoscevamo tutti, attendevamo. Io guardavo dal gradino più alto verso il basso e mi resi conto di una cosa. C’erano 12/15 gradini e se stai dall’alto la persona che arriva la vedi schiacciata. All’improvviso comparve, lo vedevo avanzare man mano ed era basso! Questo ragazzo era alto 160 cm già di suo, con quella prospettiva sarebbe venuto in foto come uno alto forse 140 cm. Il protagonista della giornata, il grande campione che Ferlaino aveva pagato 12 miliardi non poteva venire rappresentato così. Ho pensato che quello non era il mio posto. Non lo avevo mai visto neanche giocare ma dovevo rendergli il giusto omaggio. Quindi me ne sono andato’.

    Un dribbling, insomma
    ‘Ho cambiato angolazione. Quando è uscito io stavo dall’altra parte, opposto a lui, al centro, ero solo. Nessun altro fotografo c’aveva pensato. Ero tra gli inservienti, li vedevo con la loro macchinetta fotografica ma capii subito che non erano professionisti. C’è Diego. Sul primo scalino mette prima il piede destro, piatto, quindi sale e mette il sinistro. Sul secondo scalino mette ancora il piede di palmo. Non è ancora il momento giusto, mi dico. Sul terzo gradino mette la punta della scarpa e, come sempre quando fai un movimento del genere, apri le braccia. Ho anticipato questo momento e, mentre metteva il piede sinistro quasi alzato e quello destro sulla punta, ho fatto lo scatto, uno solo, unico e irripetibile. Sembrava si innalzasse, un’ascensione, è un gigante in quella foto. Per questo motivo l’ho intitolata: ‘L’elevazione’.

    Un instant classic
    ‘In realtà no. Fatto quello scatto strano e solitario me ne sono andato dall’altra parte per fare le foto normali, quelle che stavano facendo tutti. Mentre palleggiava, mentre sorrideva e salutava, quelle non potevi non scattarle. Erano foto carine ma vabbè. È qui però che successe la magia. La fortuna di quella foto fu che non fu mai pubblicata il giorno dopo. Ai giornali la proposi ma loro me la bocciarono. “Ma dove sta Maradona?”, mi dicevano. Fu rifiutata da tutti. Il giorno dopo c’erano solo le foto classiche, quelle che uno si aspettava in quel contesto, menomale! Fosse stato pubblicato l’indomani, quello scatto sarebbe stato bruciato, avrebbe perso gran parte della sua forza. La fortuna volle che io mi trovassi centrale con delle diagonali perfette. Che riuscissi a prendere il pubblico in lontananza, uno spicco di cielo con uno stile quasi cinematografico. Qualche tempo dopo, un caporedattore si ricordò di quella foto dimenticata e mi disse di volerla usare per fare un servizio ‘strano’ su Maradona. Fu la mia fortuna’.

    E ora quella foto è diventata un simbolo, un qualcosa che è entrato e resterà nella memoria visiva di tutti noi 
    “Forse solo in Giappone non me l’hanno ancora chiesta, solo loro. Poi per il resto tutto il mondo ce l’ha. È diventata un’icona, me la chiede il tifoso ma anche il professionista, chi c’era allo stadio allora e chi non era nato, la vogliono i figli e i nipoti che accompagnavano i familiari al San Paolo in quegli anni. È stata fatta in tiratura limitata, in 5 formati. E ce n’è una versione museale che possono avere solo 9 persone. Ma per me non ha un valore economico, è arte, sentimento. In quell’istante tutto fu perfetto’.

    Un istante in cui intuizione e realtà vanno di pari passo, in cui talento, occhio, esperienza e caso combaciano. Quando tutto fila liscio e si allineano i pianeti finisce che scatti la foto più importante della tua vita o vinci uno Scudetto. Basta chiedere a Luciano Ferrara o a Spalletti e Osimhen.
     
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