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  • Luis Enrique e la meritocrazia romanista

    Luis Enrique e la meritocrazia romanista

    • Valerio Nasetti

    'Non mi sono mai sentito estraneo al progetto'. Le parole pronunciate da Marco Cassetti al termine di Roma-Palermo spiegano l'amalgama di gruppo creato da Luis Enrique. Tutti sono utili. Chiunque ha la possibilità di giocare. Al di là delle voci di mercato, oltre ai problemi contrattuali. Il tecnico lo ha dimostrato già in estate mandando in campo Marco Borriello nei preliminari di Europa League, precludendogli un trasferimento ad una big del calcio europeo. E proprio ieri a sorpresa lo ha riproposto dal primo minuto, dando un segnale all'ambiente di quanto il ragazzo, tra mille difficoltà, s'impegni a dare il massimo all'interno di un modulo a lui poco consono. Altro che testa altrove.

    Ma non è finita qui. Mai condizionato dalle polemiche, Lucho, ieri, ha convocato per la prima volta Juan e lo ha schierato subito titolare. Prima di domenica non lo aveva visto in forma e nel finale lo ha sostituito con Heinze. Protezione quindi, non umiliazione. Lo stesso bistrattato Fabio Simplicio ha avuto una chance, risultando decisivo contro l'Atalanta.

    Infine, Gago. Arrivato il 31 agosto, acquistato da Franco Baldini. 'E' un vice De Rossi', si diceva. Lento, sornione, poco confacente agli schemi dell'allenatore. L'argentino, invece, si sta ritagliando uno spazio importante e per di più come intermedio di centrocampo. In una rosa composta da 28 uomini, soltanto Curci (il terzo portiere) e Greco (a lungo indisponibile) non sono mai scesi in campo. Luis Enrique, in sostanza, sta rendendo possibile un'utopia: quella della meritocrazia. I giocatori gliene danno atto. E sono tutti con lui. Si fidano. Nessuna preclusione. Uniti per la Roma. 

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