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    Litigai con Mancini, il mio ct ideale per l'Italia: meglio di Ancelotti, ecco perché

    Litigai con Mancini, il mio ct ideale per l'Italia: meglio di Ancelotti, ecco perché

    • Giancarlo Padovan
    Io voto Roberto Mancini. Questa - per quel che conta - la mia preferenza sul nome del prossimo c.t. dell'Italia, scornata dall'eliminazione al Mondiale di Russia del prossimo anno. A chi mi conosce può sembrare strano o, addirittura, impossibile. Non tanto che sia lui il prescelto (la maggioranza degli italiani vuole Ancelotti), ma che a esprimersi in questa direzione sia proprio il sottoscritto. 

    In un passato non troppo remoto, infatti, Mancini e io abbiamo avuto almeno uno scontro pubblico (accadde alla Rai dopo un derby milanese) e anche in privato non ce le siamo mandate a dire. Per essere del tutto sinceri, chi insisteva a parlarne male sul giornale (allora dirigevo Tuttosport) e, successivamente, alla radio e alla tv, ero io. Forse perché prevenuto, forse perché contrariato da tutti quelli che sostenevano il contrario. La pace è arrivata all'improvviso e - lo dico con sincerità - non per merito mio. Ma questi sono fatti privati che non è giusto divulgare. Posso solo ribadire che adesso di Mancini ho un'idea completamente diversa come uomo. Soprattutto penso quello che non ho mai voluto riconoscere: cioé che sia un ottimo allenatore. 

    Però, per fare il c.t. della Nazionale, essere un bravo allenatore non basta. Bisogna essere capaci nella selezione dei calciatori, saperli gestire con carisma ed equilibrio, valorizzarli per quello che possono dare nel breve tempo che passa fra una convocazione e l'utilizzazione. E io credo che nessuno - nemmeno Carlo Ancelotti - sia più bravo di Mancini nel fare questo tipo di lavoro. Naturalmente non basta la convinzione personale (la mia), è fondamentale che uno risalga alla formazione dell'allenatore. 

    Mancini, prima che il tecnico, nella Lazio di Cragnotti si è occupato di selezionare calciatori. Un periodo molto breve che sembrava orientare la sua carriera verso il ruolo di direttore sportivo. Invece, il richiamo del campo ed il ruolo di leader, lo hanno portato in panchina. Anche da qui - dalla panchina, intendo - Mancini ha sempre avuto lo spirito del manager. Lo era nella sua prima Inter, lo è stato al Manchester City con il quale ha vinto la Premier League. E quando non è stato coinvolto nel mercato ha preferito andarsene (successe dopo il ritorno all'Inter). Non sempre - va da sè - ha scelto bene, però l'occhio è ben addestrato e la disponibilità a fare questo tipo di lavoro è totale. In Nazionale, poi, non ci sarebbe nemmeno il dilemma di spendere per acquistare qualcuno. Si tratta di visionare, chiamare, verificare e, se del caso, restituire al club con tanti ringraziamenti per l'esperienza fatta. 

    Un altro vantaggio di avere Mancini c.t. è relativo al sistema di gioco. Certo che ne ha uno preferito, ma li conosce bene tutti e li attua con disinvoltura. Deve solo resistere alla tentazione di non cambiarli con troppa frequenza, perché ha lo spirito dello sperimentatore: i risultati possono risentirne. 
    Mancini, infine, è uno che - al pari di Ancelotti - regge la pressione, forse perché è stato un grande calciatore non del tutto apprezzato anche quando ha vinto, forse perché ha allenato in grandi piazze. E, soprattutto all'estero, in contesti non sempre tradizionali: Manchester, ma anche  Istanbul e, adesso, San Pietroburgo. 

    Ogni tanto gli salta la mosca al naso (al contrario di Ancelotti) e sembra che abbia un pessimo carattere. Invece è solo un sanguigno che non sempre contiene il suo spirito ribelle (altra buona ragione: meglio gli irregolari che i pacifici). 
    Mancini ha voglia, energia, idee e sente che la Nazionale, più di qualsiasi club, potrebbe essere la grande occasione per consacrarsi. Non serve pregarlo, né convincerlo con il denaro. E' già pronto a partire. L'unico inconveniente riguarda la possibilità di sciogliere da subito il contratto con i russi. Non è poco. Ma sarebbe bene provarci. 
     

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