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    Lippi, l'Italia, il conflitto d'interesse e quel codice etico che non ha più ragion d'esistere

    Lippi, l'Italia, il conflitto d'interesse e quel codice etico che non ha più ragion d'esistere

    • Luca Vargiu
    La notizia gira da qualche settimana, Marcello Lippi sarà il Direttore Tecnico della nazionale del dopo Conte guidata da mister Giampiero Ventura. Anzi no, la notizia ora è che Marcello Lippi difficilmente sarà il nuovo Direttore Tecnico della prossima nazionale. Eh sì perchè c'è un problema: suo figlio è un procuratore sportivo ed esiste anche un regolamento che prevede qualcosa sulla questione del conflitto d'interesse. Cosa precisamente? Testuale (così non sbaglio): “non possono svolgere l’attività di procuratore tutti coloro che ricoprano cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell’ambito della Figc” e specificando poi nel commentario che la restrizione "… si riferisce comunque alle potenziali situazioni di incompatibilità derivanti non da rapporti professionali diretti da parte del Procuratore Sportivo nell’ambito federale, bensì dai suoi rapporti di natura professionale, familiare o comunque di parentela con altri soggetti che svolgano funzioni nell’ambito della FIGC o di un suo Club...".

    A leggere tutto questo sembrerebbe abbastanza chiaro il quadro della situazione e pure superfluo il parere della Corte federale previsto tra qualche giorno che Tavecchio e la Federazione attendono. C'è una regola semplice che non lascia molto spazio a interpretazioni e quindi se Lippi padre accetta l'incarico, Lippi figlio non può svolgere l'attività di procuratore.

    Ammesso e non concesso che la figura del direttore tecnico sia utile e necessaria per la nazionale (e qui possiamo scatenarci con chi ritiene serva e chi no) quello che più dovrebbe infastidire é che di fronte a questa situazione qualcuno chieda di trovare la scorciatoia, il cavillo, l'espediente, l'appiglio, la gabola insomma per raggirare la norma (voluta proprio dal presidente Tavecchio in occasione della famosa deregulation del mondo degli agenti) e altri invece si scervellino per trovare una via d'uscita, come a certificare che il proverbio fatta la legge trovato l'inganno calza sempre a pennello da queste parti.

    C'è chi ci ricorda che la situazione è simile a quella del 2006 con Marcello Lippi CT e il figlio Davide agente di calciatori collaboratore della Gea. Senza addentrarmi nel discorso delle intercettazioni del tempo, che comunque fecero emergere un leggero imbarazzo, ma guardando la questione dal punto di vista del regolamento, c'è da dire che ai tempi quello della FIGC per lo svolgimento dell'attività di agente di calciatori sulla questione conflitto d'interessi era piuttosto leggero e nell'articolo 15 prevedeva (e anche qui meglio riportare il testo):
    1. Qualora sussistano ragioni di conflitto di interessi nella conclusione di un contratto, l’agente è tenuto ad informarne immediatamente il calciatore, che sottoscrive un’apposita dichiarazione nel contratto. Si presume sussistere il conflitto di interessi nei casi in cui nella società contraente il coniuge, un parente o affine entro il secondo grado del medesimo agente, ricoprano cariche sociali o incarichi dirigenziali e tecnici.
    2. Nel caso in cui l’informazione non sia stata resa al calciatore prima della conclusione del contratto con la società, questi può risolvere il rapporto con l'agente senza dovere alcun indennizzo.
    Semplificando al massimo con un esempio forse stupido ma efficace sarebbe come dire a un giocatore, "mio padre é CT della nazionale, se ti disturba puoi non diventare/essere più un mio assistito, altrimenti dichiariamolo per iscritto. Male che vada potrai risolvere il mandato senza spese più avanti".

    Più che un problema sembrerebbe una possibilità, no? Tutto questo con il regolamento in vigore nel 2006 che poi proprio alla fine di quell'anno fu cambiato, forse anche ascoltando i malumori e le polemiche (brevi eh, perché la coppa alzata ci ha reso – purtroppo – tutti smemorati e meno arrabbiati con il sistema calcio) e nel quale tra le diverse modifiche venne introdotto una nuova norma un po' più specifica in merito all'incompatibilità e al conflitto d'interessi.

    Se qualcuno comunque volesse indicarmi situazioni di conflitto di interesse che nel calcio, dal 2006 in avanti, hanno portato a fare passi indietro a qualche protagonosta del mondo del pallone si può fare avanti perchè a memoria non ne ricordo da parte di nessuno, ho invece chiari diversi momenti in cui nonostante un conflitto piuttosto evidente nessuno ha detto nulla.

    Comunque, lo ricordo ai più sbadati, dal 1 Aprile 2015 l'albo agenti, compresi i suoi componenti, non esiste più. C'è la nuova figura del procuratore sportivo che, nella sua semplicità, è comunque ben (o male secondo alcuni) normata ed è proprio il comma 2 dell'articolo 3 che ha creato questa situazione bloccando la nomina del DT azzurro.

    Molte volte però, per giudicare meglio e farsi un'opinione occorrerebbe vedere le cose anche da una diversa angolazione. Fino a qui si é ragionato dal punto di vista del figlio, Davide Lippi che oggi, se il padre accettasse l'incarico avrebbe problemi a fare il procuratore, ma che nel 2006 tutto sommato non aveva obblighi di regolamenti (morali forse sì ma è un altro paio di maniche) da rispettare o che impedissero di fare quello che faceva. Allora spostiamoci e ragioniamo dal punto di vista di Marcello Lippi che nel 2006 era commissario tecnico della nazionale e oggi può accettare l'incarico offertogli mettendo in difficoltà il figlio nella sua professione. Nell'anno della vittoria del mondiale non era certo obbligato a tenere conto di quanto indicato dal regolamento per gli agenti così come adesso a quello dei procuratori. Bene, però c'è una cosa sulla quale bisognerebbe riflettere e che chi chiede i miracoli burocratici non fa notare, forse non conosce o peggio non ricorda, ed è questa (sempre testuale): I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo sono tenuti a prevenire situazioni, anche solo apparenti, di conflitto con l'interesse sportivo, in cui vengano coinvolti interessi personali o di persone ad essi collegate. Di cosa si tratta? Di un articolo per la prevenzione del conflitto di interesse del codice di comportamento sportivo del CONI che è in piedi dal 2004 e quindi vale oggi quanto nel 2006. Un codice che "… specifica i doveri fondamentali, inderogabili e obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali..."

    Letto bene? Lealtà, correttezza e probità. Potete sorridere o arrabbiarvi pensando a queste tre parole e ai tanti protagonisti del mondo del calcio che ben abbiamo imparato a conoscere in questi decenni e che, sempre dalla premessa di questo codice dovrebbero apprendere che: "L'ignoranza del Codice non può essere invocata a nessun effetto".
    Dimenticarlo tutto invece pare essere possibile.

    @vargiuluca 
     

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