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L'Inter vincerà lo scudetto della seconda stella anche grazie a Thuram, nettamente meglio di Chiesa
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Il rigore, quello della logica calcistica non manipolata, impone di raccontare come è possibile che il duello-scudetto sia cambiato in appena due settimane. Dalla Juve che può sorpassare l’Inter alla Juve che deve stare attenta a non farsi superare dal Milan. Al netto di guardie e ladri più Sinner e Djokovic, troppo facile spiegare: l’Inter è più forte. E il distacco reale è questo, non quello visto finora. Ma come motivazione non basta. Troppo asciutta. Poco incline al populismo che ha bisogno anche di un colpevole. Fateci caso, vale per tutto e non solo nel calcio: tra “merito di” e “colpa di”, i tifosi prediligono cercare un colpevole anziché scoprire chi è meritevole.
Nel caso dell’Inter, i meriti dell’allenatore sono evidenti. Vanno applauditi. Ma anche riconosciuti. Se possibile, con un pizzico di profondità calcistica in più, anziché con superficialità. Simone Inzaghi allena una squadra ben costruita da Conte e progressivamente ricostruita da Marotta&Ausilio. Ed è stato bravo subito, fin dal primo anno, quando chiuse la stagione ascoltando l’ingenerosa lamentela “ah, lo scudetto, se ci fosse stato ancora Conte…”. Tutto da dimostrare, ma andava così.
L’anno scorso, la storia è risaputa: male in campionato, bene in Champions. Con racconti e commenti superficiali. Mai approfonditi. Bastano e avanzano i ritornelli del monte ingaggi, dei parametri zero, della proposta di gioco e la cumbia della noia.
Con un piccolo sforzo di originalità - e magari anche di cura? - si può provare a spiegare questo terzo anno di Inzaghi partendo da statistiche che non vengono considerate. Per esempio, il merito della sua fase difensiva. Dopo 23 giornate, nel 2021/22 l’Inter aveva subito 19 gol. Nel 2022/23 ben 27. Quest’anno appena 12. È un dato che fa la differenza e va ricondotto non solo alle grandi prestazioni di Darmian e Acerbi, ma anche allo straordinario rendimento di reparto. Presa individualmente, la difesa non è poi così insuperabile. Ma c’è anche il lavoro enorme del centrocampo (stagione mostruosa di Calhanoglu e Mkhitaryan) che la fa sembrare più forte. Inespugnabile. Eppure, della solidità difensiva dell’Inter, si parla poco. In proporzione all’importanza: pochissimo…
Si parla molto di Lautaro. Giusto. Giustissimo. Ma attenzione ad altri numeri, sorprendenti come quelli sulle reti subite. Dopo 23 giornate, il sottovalutato “parametro zero” Thuram ha realizzato 9 gol e fornito 7 assist. Considerando gli anni di Simone Inzaghi, nel 2021/22 Dzeko aveva segnato lo stesso numero di gol (9) ma regalato meno della metà degli assist (3). E sempre con statistica riferita alle prime 23 giornate, un anno fa Dzeko aveva totalizzato 7 reti più 3 assist, mentre Lukaku era fermo a 2 più 1. Totale della coppia Dzeko&Lukaku un anno fa: 9 gol e 4 assist. Bilancio di Thuram in questa stagione: 9 gol e 7 assist. Sintesi: Thuram da solo sta facendo meglio non solo di Lukaku o Dzeko, ma anche di Lukaku&Dzeko messi assieme.
Merito di Simone Inzaghi che ha migliorato l’attaccante francese figlio d’arte? Certo. Ovvio. Giusto. Applausi che vanno anche (soprattutto?) ad Ausilio, architetto sia dell’operazione di mercato che della sistemazione tattica: Thuram fino a pochi mesi fa sembrava poco più che un generoso gregario offensivo, solo il direttore sportivo ne ha intuito le qualità di attaccante puro. E nessuno si offenda se viene ricordata un’estate nella quale Thuram restava come opzione terza punta, non di più. Dopo il tradimento di Lukaku, l’Inter ha cercato/trattato/sondato Morata, Beto, Zapata, Choupo-Moting, Balogun e Scamacca, fino ad “accontentarsi” di Arnautovic.
Riassumendo. L’Inter vincerà lo scudetto della seconda stella per varie bravure assortite, dall’allenatore ai dirigenti. Ma anche con due particolari che - chissà perchè - vengono poco raccontati. 1) La forza della difesa, nettamente superiore al Milan che ha l’alibi degli infortuni. 2) La forza del secondo attaccante, nettamente superiore alla Juve che ha Chiesa involuto. E così sia. Nel nome del padre (tempo).