L'Inter ritrova Conte: i meriti e i limiti del grande ex. Ha cambiato a modo suo la storia nerazzurra
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UN ADDIO SENZA RANCORE - Sono stati 7 milioni i milioni pattuiti con la buonauscita, alta considerando il singolo anno di contratto rimasto, ma nonostante tutto e quel pranzo "rabbioso" in un noto ristorante della brianza che portò alla firma dell'addio, le parti si sono lasciate in maniera cordiale: "FC Internazionale Milano comunica di aver trovato l'accordo per la risoluzione consensuale del contratto con l’allenatore Antonio Conte. Tutto il Club desidera ringraziare Antonio per lo straordinario lavoro svolto, culminato con la conquista del diciannovesimo Scudetto. Antonio Conte rimarrà per sempre nella storia del nostro Club".
UN'INTER COMPETITIVA - "Rimarrà nella storia del club" una frase inevitabilmente vera data la conquista del 19esimo scudetto, ma che in realtà può andare ben oltre quel titolo vinto che mancava da tempo. Conte ha avuto infatti dei meriti evidenti nella crescita dell'intero mondo nerazzurro. Se con Luciano Spalletti in panchina l'Inter era riuscita a ricostruire una dimensione quantomento eruopea (con il ritorno in Champions quantomeno fortunoso), con l'ex-Juventus il passo avanti e decisivo è stato finalmente completato. Conte ha "forzato la mano" alla proprietà cinese per costruire una rosa iper-competitiva (celebri le "minacce" di dimissioni in caso di mancato acquisto di Lukaku), ha cambiato mentalità e metodo nella gestione della quotidianità, ha inculcato nei giocatori e in tutto l'ambiente la cultura della vittoria che si era dispersa nell'immediato post-triplete. Del resto lui stesso anche ora che è a Napoli, lo ha ricordato in conferenza stampa: "Quando arrivai ad Appiano Gentile trovai un disastro. Lavorammo sui campi, sulla foresteria, ora è un fiore all'occhiello".
I LIMITI - Una frase che sottolinea i suoi metodi, ma che rappresenta appieno anche uno dei suoi limiti più grandi, mai dimenticato anche dagli stessi tifosi interisti. Conte rivendica a distanza una grandezza creata e che prima non c'era, sottolinea sempre e comunque anche a mezzo stampa le difficoltà che lui e solo lui deve poter gestire. Un esempio? Vi ricordate la frase "Dobbiamo stare belli rasoterra, la posizione in campionato non deve inebriare i problemi che ci sono"? No, non è di questa stagione a Napoli, bensì del 2019 all'Inter dopo la sconfitta di Champions contro il Borussia Dortmund in cui usò Barella e Sensi come esempio di un mercato "troppo inesperto". Da qui le battaglie verbali con Brozovic e anche quello più celebre con Lautaro ("I calci mettiteli nel c... fenomeno") tutto finalizzato a vincere sia chiaro, ma a che prezzo?
NON HA SAPUTO ASPETTARE - E poi c'è il limite più grande ovvero quello di non aver capito che, aspettando, la crisi dell'estate 2021 sarebbe potuta passare e che, proseguendo con il suo lavoro, avrebbe magari ottenuto anche più di quanto fatto oggi da Simone Inzaghi. Abbandonare la nave dopo la vittoria dello scudetto e dopo la cessione di Hakimi (e con quella solo paventata di Lukaku ndr.) è stato il punto che più ha allontanato Conte dall'essere, concretamente, uno degli allenatori più importanti della storia interista. Perché accanto alle tante cose buone, rimarranno per sempre nel suo cv nerazzurro anche le altre negative. Conte è sempre stato così, vincente ma divisivo. Lo sarà anche domenica quando tornerà a San Siro da avversario.
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