L’ex allenatore di Popovic: ‘E’ un talento estremo’
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Il Napoli ha battuto una folta concorrenza assicurandosi il talento serbo Matija Popovic. Djordjije Cetkovic, ex allenatore del classe 2006 nelle giovanili del Partizan Belgrado, ha rilasciato un'intervista a Mozzart Sport: "La sua classe si vede subito. Come se ne accorse il Milan un anno e mezzo fa, quando Popovic battè praticamente da solo i rossoneri nel celebre torneo 'Nereo Rocco' di Firenze. Mi sembra che poi lo abbiano filmato, abbiano cominciato a monitorarlo intensamente, dopodichè si sono 'inseriti' altri club famosi. Ci scommetto! Tu sai perchè? Perchè è uno dei dieci più talentuosi dell'anno. Come ex calciatore e allenatore che ha trascorso molto tempo con lui, io sono chiamato a fare una dichiarazione del genere. Matija è alto 193 centimetri e per quell'altezza ha una tecnica molto buona, cosa non propriamente caratteristica dei giocatori di quella taglia. Allo stesso tempo è veloce, quando fa un passo lungo corre sul campo. Senso del gioco: perfetto. Processo decisionale: buono. E' capace di decidere la partita con una mossa. Quella mossa è solitamente superba. E' estremo perchè sa fare ciò che è particolarmente apprezzato nel calcio moderno, fare la differenza nell'uno contro uno. Il ragazzo sfida tutti gli schemi. Tutto ciò che l'allenatore escogita, è in grado di annullarlo. Questo è in poche parole. Non fraintendetemi, ma lui era troppo per stare qui, perchè sentivo che poteva segnare ogni volta che aveva la palla. Non esagero, riesce a dribblare quattro giocatori avversari e ad entrare in rete. Ebbene, Barcellona, City, Milan lo hanno visto... Chi capisce di calcio ha capito che è un talento estremo. Nella stessa stagione ha risolto il derby eterno, segnando due gol nel fine settimana in cui non si era allenato. I medici gli hanno fasciato la caviglia e lo hanno autorizzato a giocare, anche se era fuori squadra da giorni. Un ragazzo è uscito in campo e si è "strappato". Immagino che ora capiate perchè i grandi club lo volevano. Sembra pigro, non è vero. E' un po' "difficile", specifico, come tutti quando vedono quanto possono fare. Ho sentito la storia: 'E' bravo, ma...' Non capisco perchè nel nostro calcio cerchiamo solo la negatività. Mi dissero che aveva un 'problema alla testa' e per me, come allenatore, quello era il mio compito a casa. La professione deve occuparsi della testa, non solo dei piedi. Sono uno strumento".