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    Lettera da Vienna: così Zamparini, liquidando Rossi, cominciò a demolire il Palermo. Ora risponda a tre domande

    Lettera da Vienna: così Zamparini, liquidando Rossi, cominciò a demolire il Palermo. Ora risponda a tre domande

    Caro Direttore Jacobelli, questa lettera è per il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini. Grazie.

    Gentile Signor Maurizio Zamparini,

    quando Lei, imprenditore friulano, dodici anni fa circa, rilevò il Palermo Calcio (cosa di cui io, per ragioni squisitamente calcistiche Le sono tuttora molto grato) mise a segno un colpo imprenditoriale decisamente importante.

    Si assicurò la proprietà di una squadra di calcio non di una cittadina qualunque, ma della quinta città d’Italia, con un bacino d’utenza e tifosi sparsi in tutto il mondo. Per essere subito chiari: il Suo è stato un investimento dettato esclusivamente da ragioni economiche e, d’altra parte, non avendo mai avuto Lei un qualsivoglia legame con Palermo, non poteva essere altrimenti. Benissimo, non è questo il problema, anzi, ancora una volta, voglio dirLe grazie per aver deciso d’investire nella mia squadra del cuore.

    Sgombriamo però subito la discussione da riferimenti a concetti quali l’amore ed il rispetto per i palermitani e per la città di Palermo. L’aver investito in una squadra di calcio, e di averlo fatto in maniera tale da ottenere dei successi sportivi (relativi, visto che non si è vinto nulla, ma pur sempre di rilievo – 5 volte in Europa League e una finale di Coppa Italia – considerata la storia calcistica del Palermo) non ha nulla a che fare con l’amore per i palermitani. Non dimostra nulla. Non prendiamoci in giro allora.

    Non sono l’amore e la passione per Palermo ad ispirare i Suoi ragionamenti e le Sue decisioni (per non parlare delle Sue sempre sorprendenti e kafkiane esternazioni). E’, in primis, il Suo tornaconto personale (egoistico direi) e, in secundis, pecuniario. Per carità, non s’arrabbi ora. Non urli e non insulti. Non sprechi energie nervose, tanto, non essendo un suo collaboratore, non potrà sfogarsi “cacciandomi” (pessimo termine, uno dei suoi tanti, che a Lei piace molto usare). Ascolti…

    Volevo dirLe che, ciononostante, non nego che Lei abbia imparato nel tempo ad amare la città ed i palermitani. Voglio crederle, anche se, sa com’è, non essendo Lei praticamente mai a Palermo, e non avendo, sempre Lei, in dodici anni pensato di acquistare una casa dove, perché no?, passare i fine-settimana o le vacanze estive (fa troppo caldo?) o invernali (clima troppo umido?) o primaverili…sa, qualche dubbio mi viene. Però, diciamo che le credo.

    Ammettiamo allora che Lei davvero ami Palermo ed i palermitani. Ebbene, dell’amore, una delle componenti essenziali è il rispetto. E qui casca u scieccu (ovvero “l’asino", ma, dopo dodici anni di vita palermitana, dovrebbe già conoscerne il significato), presidente! Rispetto e Lealtà, nel rapporto con i tifosi rosanero, mancano da troppo tempo. Sono due qualità, se così posso dire, che porta colui che le possiede a dire sempre la verità, anche se questa può risultare indigesta.

    Lei, signor Zamparini, è il presidente del Palermo Calcio. Qui il tema principale è il Calcio. Non è né come costruire appartamenti e né come realizzare centri commerciali. Il Calcio e ciò che ruota attorno ad esso. I suoi principali interlocutori, i suoi veri azionisti di maggioranza, sono e saranno sempre i tifosi del Palermo.  

    Non esiste spettacolo senza spettatori. Non esiste il Palermo senza i suoi tifosi! E’ una verità banale ma, considerate le circostanze, mi creda, mi sembra proprio utile ribadire.

    Ciò detto, torniamo all’obbligo morale, da parte sua, di dire tutta la verità sulla gestione del Palermo, partendo quanto meno dal campionato 2010-2011 ad oggi. Mi astengo pertanto dal rivolgerle domande sulle scelte tecniche degli anni passati, non perché non vi siano zone d’ombra; al contrario, ve ne sarebbero una miriade, scelte a dir poco cervellotiche frutto, a mio avviso, di una mancanza palese di programmazione volta a far crescere il Palermo mantenendolo stabilmente ai vertici del calcio italiano (penso ad esempio al fatto di non avere capito, o intuito, né Lei né i suoi collaboratori, il valore straordinario di Cavani, praticamente svenduto al Napoli: la più grande minchiata calcistica di tutti i tempi!). Ma non posso certo scrivere un romanzo e, pertanto, per esigenze di brevità, mi concentro sulla sua gestione relativa all’ultimo triennio.

     

    Il campionato 2010-2011 (preceduto dalla migliore stagione di sempre - sotto ogni punto di vista: punti realizzati, gioco espresso etc. - disputata in serie A dal Palermo con Delio Rossi), ebbe come prologo i preliminari di Europa League contro gli sloveni del Maribor, eliminati dopo una vittoria per 3-0 dentro casa ed una sconfitta per 2-3 a Maribor. La sconfitta indolore subita a Maribor ha rappresentato l’inizio, da parte sua, della demolizione e delegittimazione sistematica di Delio Rossi, attaccato (è un eufemismo ovviamente, il termine giusto sarebbe “offeso”) a mezzo stampa praticamente ogni giorno. Il 1 novembre 2010, poi, Walter Sabatini, Direttore Sportivo che, prima di arrivare a Palermo, era stato insieme a Delio Rossi l’artefice di un periodo importante con la Lazio culminato con la vittoria della Coppa Italia, rassegnava le dimissioni. Bene, prima domanda, dica una volta per tutte la verità ai palermitani: ci dica cosa ci fu dietro quella che sembra essere stata una vera e propria strategia, da parte sua, volta ad emarginare Delio Rossi.

     

    La delegittimazione di Delio Rossi e le dimissioni di Sabatini (spontanee, non certo provocate da Lei…per carità), rappresentano, ad un’analisi a mente fredda, il suo primo atto volto allo smantellamento della squadra che sino all’anno prima aveva espresso il più bel calcio della serie A.

    Le sue continue esternazioni pubbliche, spesso offensive, nei confronti del suo allenatore, finirono presto per destabilizzare l’ambiente, la squadra ed i tifosi, trovando il loro epilogo nell’esonero di Delio Rossi al cui posto venne chiamato Serse Cosmi.

    Dopo qualche partita inguardabile, con una squadra sotto choc, disputata alla guida di Cosmi, Lei ha l’umiltà (anche questo, ovviamente, è un eufemismo visto che il termine adatto sarebbe, me lo lasci dire, “faccia tosta”) di richiamare Delio Rossi in panchina il quale, come d’incanto, riprende il filo interrotto e porta la squadra in finale di Coppa Italia eliminando in semifinale il Milan.

    Con la finale di Coppa Italia disputata a Roma, in uno stadio in cui circa 50 mila poltroncine risultarono essere occupate da terga rosanero, cala praticamente il sipario sul “grande Palermo”. Da questo momento, inizia un’altra storia. Una storia fatta di vendite e svendite di tutti i giocatori più importanti, rimpiazzati da calciatori neanche in grado di ben figurare in serie C, scelte imbarazzanti e mortificanti (oltre che per noi tifosi, per l’intelligenza in generale) che l’hanno portata ad ingaggiare Pioli ed esonerarlo (anzi, cacciarlo) addirittura prima che iniziasse il campionato affidando la guida tecnica all’allenatore della primavera Devis Mangia che, con il Palermo 6° in classifica, viene a sua volta licenziato (anzi, cacciato) accompagnando la decisione con le immancabili offese a mezzo stampa (Mangia è arrogante, si è montato la testa…).

    Con lui va via Sogliano (non sto a ricordarle le parole d’elogio spese da Lei in occasione del suo ingaggio). Allora arriva Mutti che, brava persona, per carità, ma allenatore mediocre, arriva a salvare il Palermo praticamente all’ultima giornata e non certo per suoi meriti ma per i 16 gol di Fabrizio Miccoli. Non pago dei propri errori, l’anno successivo (ed arriviamo a quest’anno tragico) Lei cosa fa? Ingaggia Sannino e Perinetti (il suo Galliani). Il Palermo perde due partite di fila e licenzia (anzi, caccia) le persone sulle quali aveva creduto ed investito sino a qualche mese addietro. Ennesima rivoluzione: chiama Gasperini e Lo Monaco (il suo nuovo Galliani) che portano il Palermo direttamente in serie B.

    Obiettivo raggiunto, presidente. Si, perché questo sembra essere stato per molti il suo vero obiettivo da tre anni a questa parte: ridimensionare e vivacchiare in serie A.

    Ha sbagliato suoi calcoli però, caro presidente. Ha sbagliato a sottovalutare i suoi limiti d’imprenditore e di conoscitore di calcio. Quei limiti si sono palesati tutti in questi tre anni e la fortuna non è corsa in suo soccorso per coprire evidenti sue lacune caratteriali e, ripeto, soprattutto manageriali ed imprenditoriali.

    La vedo stanco e confuso, presidente. Stanco, confuso e, forse, impoverito…anche dal punto di vista economico. E qui pongo la mia seconda domanda: ha ancora soldi da investire nel Palermo? Ci può per favore dimostrare che i ricavi ottenuti dallo smantellamento del “grande Palermo” siano stati reinvestiti nel Palermo Calcio?

     

    Mi risponderà mai? Risponderà mai a questa lettera? La Terza domanda riguarda lo stadio, il centro sportivo ed il presunto interessamento degli arabi. Ci può per favore dire la verità, dopo tre anni di continue dichiarazioni, sugli ostacoli burocratici da superare per realizzare lo stadio? Di che ostacoli si tratta? Chi e cosa bloccano il progetto? Ci può dare una data d’inizio dei lavori del centro sportivo? Ci sono anche lì ostacoli? Chi e cosa impediscono l’inizio dei lavori? Capitolo arabi. Perché fare conferenze stampa annunciando qualcosa che puntualmente non si realizza? La credibilità, presidente. In questi anni se n’è giocata una grossissima parte, agli occhi dei tifosi del Palermo, dei palermitani e di tutti gli addetti ai lavori a livello nazionale.

     

    E ora, e concludo, una preghiera. Se non ce la fa più, presidente, se ha perso forza (anche economica), passione, combattività…lasci il Palermo in altre mani. Metta (seriamente) in vendita la società. Se davvero ama, come dice, il Palermo ed i tifosi del Palermo, cerchi un acquirente all’altezza dei colori rosanero e dei suoi centinaia di migliaia di tifosi sparsi per il mondo.

    Se invece riterrà di non mollare, allora, per favore, faccia seriamente il suo mestiere di presidente. Si confronti con i suoi collaboratori, discuta con loro, deleghi, si fidi, dia tempo alla gente di lavorare e, soprattutto, ascolti noi tifosi.

    Siamo noi il Palermo, non Lei.

    Lei, sin qui, ha messo un po’ di soldi (ampiamente recuperati); noi da sempre ci mettiamo la passione.

    Il Palermo siamo noi. Non lo dimentichi mai!

     

    Cordialmente

    Ivan Cangelosi

    Vienna

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