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Leonardo: 'Potevo andare alla Roma o tornare all'Inter, ecco i 3 migliori giovani italiani'
INTER - "La prima cosa che ho fatto, quando Moratti mi ha chiamato, è stato avvertire Galliani, persona alla quale sono molto legato. Lavorare con lui è stata un’università del calcio, ho imparato tanto e mi ha dato la possibilità di collaborare con lui e dopo di diventare allenatore. Ci sono tante cose per le quali sono grato al Milan. Per quello sono rimasto quattordici anni. E’ stata una cosa molto legata a Moratti, il passaggio all’Inter. Moratti è una persona che stimo e conosco da tanti anni, da quando io giocavo al Milan. Dopo sei mesi che ero andato via dai rossoneri si aprì anche all’Inter il bisogno di cambiare. E pensarono a me. Mi arrivò questa chiamata. Io dissi a Moratti 'Presidente, non scherziamo'. Ma a Massimo Moratti e alla sua famiglia non potevo dire di no. E’ stata poi una esperienza meravigliosa. Non si metta a ridere se le sintetizzo così i miei anni da ex calciatore: smetti di giocare e ti danno l’opportunità di fare il dirigente al Milan. Come dico di no? Impossibile. Bene. Faccio il dirigente e mi chiedono di diventare l’allenatore dei rossoneri. È una scelta più rischiosa, ma come fai a dire di no? Stai sei mesi fuori e l’Inter ti propone di guidare la squadra. Come fai a dire di no?".
PSG - "E dopo sei mesi arriva una persona giovane, in gamba, che ti invita nel suo Paese, in un altro continente. Anche in questo caso difficile dire di no. Informai Moratti, ha saputo passo per passo quello che stava succedendo. Io arrivo là e lo sceicco mi dice 'Guarda che io sono innamorato di Parigi, innamorato del calcio, vorrei fare del Paris Saint Germain un squadra tra le prime cinque del mondo'. E mi dice 'Qua c’è l’organigramma e tu scegli dove vuoi stare'. Io ero l’allenatore in quel momento, quindi lui poteva pensare anche che volessi quel ruolo. Ma c’era bisogno di una persona che facesse tutto. Non che andasse in campo, altrimenti bisognava trovarne un’altra per fare tutto il resto. Mi propone questa cosa, io dico di no. Poi torno a Milano, incontro il presidente Moratti, che mi dice 'Leo hai perso un’opportunità unica, una cosa meravigliosa: hai fatto il dirigente, l’allenatore, ora ti propongono questo incarico. Ragiona bene, ragiona per te. Sappi che io non mi arrabbierò mai con te. Ho cambiato tanti allenatori, capisco la situazione'. E’ stata una decisione difficile da prendere, ma la benedizione del presidente mi ha liberato dai sensi di colpa".
VOGLIA DI TORNARE - "E’ un momento particolare. Ho corso tanto, fino ad oggi, e ho avuto la fortuna di avere tre figli in questo periodo. Però la verità è che il calcio è stata la cosa più importante dei miei giorni. E’ brutto dirlo, ma è stato così. Per la frenesia del nostro mondo e per la cultura che abbiamo, io ho cominciato a quattordici anni fino ai quarantatré, vivendo così. Io per esempio non ero presente quando è nato il mio primo figlio e quando è nata la mia seconda. Nel primo caso ero ai mondiali, nel secondo ero in Giappone, lei ha anticipato di dieci giorni e non ho fatto in tempo ad arrivare. Perché il calcio era quello, tutta la vita. Ma ora sono un uomo diverso. Ho vissuto e l’esperienza non mi è passata addosso come una pioggia. E’ cambiato tutto, molto. Bere un bicchiere di vino a ventiquattro anni non è come berlo a quarantaquattro. Oggi sto godendo la mia nuova famiglia, mia moglie, i miei figli. Per loro ho lasciato Parigi e sono tornato a Milano. Non posso negare che mi viene voglia di produrre, di fare e non posso neanche negare che mi sento in grado di fare".
ROMA - "Sì, è vero. Ho dato la mia disponibilità alla Roma due anni fa. Poi la Roma ha fatto altre scelte. Ho dato la mia disponibilità all’Inter e l’Inter ha fatto altre scelte e non ho dato più disponibilità a quasi niente altro. Valuterei se tornare al Paris Saint-Germain, nel caso avesse bisogno, perché il mio rapporto con loro è ancora molto forte. Alle altre cose ho detto di no e non mi pento".
GIOVANE ITALIA - "Gagliardini mi ha fatto veramente una grande impressione. E’ passato dall’Atalanta all’Inter come se niente fosse e mi è piaciuto molto come personalità, come stile, come modo di giocare. Belotti è un giocatore molto più fisico che tecnico, ma sono colpito dalla sua voracità nel voler fare gol. Bernardeschi in questi ultimi mesi ha trovato la sua dimensione, ha conquistato, anche facendo guerra, i suoi spazi per giocare con un po’ più di libertà. Ora arriva facilmente all’assist e sta guadagnando tanto spazio. Penso che questi tre siano i tre ragazzi italiani più promettenti".