E venne il giorno del giudizio. Quello che tanti agognavano, ma che nessuno osava sperare. Mario Macalli, l’intoccabile presidente della Lega Pro e vice presidente federale alla corte del «duo dei miracoli» Tavecchio-Lotito, è andato sotto. E di brutto. Quaranta società su 69 aventi diritto al voto non hanno approvato il bilancio d’esercizio della Lega al giugno 2014 che prevede un buco di un milione di euro. E tra i primi ad intervenire nell’infuocata assemblea tenutasi alla sede fiorentina di via Jacopo da Diacceto è stato il patron della Lucchese, Andrea Bacci, accompagnato dal segretario Alessandro Badii. Pur non avendo diritto voto (l’anno scorso i rossoneri erano nella lega dilettanti nazionali) l’imprenditore non le ha mandate a dire. «Ho chiesto semplicemente il rispetto delle regole. - dice raggiunto al telefono Andrea Bacci al quotidiano Il Tirreno- Macalli deve prendere atto che 40 società lo hanno sfiduciato non votando il bilancio. Di fatto non ha più la maggioranza e, democrazia vuole, si debba tornare alle urne per esprimere una nuova governance. Serve un momento di riflessione da parte di tutte le componenti. Macalli non è un presidente di club e non ha sulle spalle il peso delle società che spesso reggono l’urto dei costi con l’ausilio fondamentale dei contributi». L’impressione, e forse qualcosa di più, è che sia in atto una guerra senza esclusione di colpi tra la governance del Coni (Malagò-Renzi) e quella della Figc (Tavecchio-Forza Italia). E Bacci ha il timore, del tutto legittimo e fondato, che sulla scorta della paura si possa andare verso il commissariamento della Lega Pro: «Sarebbe una iattura. - prosegue il presidente - E Claudio Lotito (grande elettore del tandem Tavecchio-Macalli e proprietario di due club, Lazio e Salernitana) sta mandando messaggi in tal senso. Perché con il commissariamento si bloccherebbero automaticamente i contributi e i finanziamenti. Loro, i controllori, ci mandano tutti i mesi gli ispettori per verificare il nostro operato e non bastano le dichiarazioni della tenuta dei libri contabili visto che mercoledì la Co.Vi.Soc. farà ulteriori verifiche. Contributi per l’azionariato popolare? Aria fritta. Lo dico per il bene di Lucca United, gente appassionata. La loro partecipazione all’interno del club sarebbe un bagno di sangue sul piano finanziario e un indebitamento personale perché in Lega fanno solo chiacchiere e i soldi non ci sono forse neanche quelli promessi per il minutaggio. Serve un cambiamento reale altrimenti per il calcio sono guai seri». I capi della rivolta anti Macalli sono sicuramente il consigliere di Lega, Paolo Toccafondi, presidente del Prato, quello della Torres, Domenico Capitani e il proprietario del Messina, l’ex diesse Pietro Lo Monaco. E si muovono molto il dirigente federale Gabriele Gravina (ex dg del Castel di Sangro in B) e che aspira a rimpiazzare Macalli e l’ex direttore generale Francesco Ghirelli, vicino al Pd (è stato sindaco di Gubbio) e defenestrato alcuni mesi fa dal suo ruolo dal presidente di Lega Proi che lo ha sostituito con il «francescano» ex portiere Renato Cipollini. Ghirelli, sostenitore dell’azionariato popolare (quello che ha riconsegnato la Coppa Italia di C rubata dopo il secondo fallimento a Lucca United), aveva da tempo rotto con Macalli. Divergenti le visioni programmatiche acuitesi durante l’assenza forzata per malattia del monarca della Lega Pro. Proprio in quel periodo, tra l’altro, sarebbe maturata la decisione della cessione dei diritti tv in streaming, col conseguente varo del programma-spezzatino che sta generando tante polemiche. Di più: dopo le dimissioni del presidente federale Giancarlo Abete e l’apertura della corsa alla poltrona lasciata vacante, Ghirelli si era posto come anti-Tavecchio nonostante la Lega Pro con Macalli e Lotito capi bastone avessero l’interesse a far eleggere l’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti. Ora siamo al redde rationem.