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  • Leccemania: non si dimentichino i sacrifici prima di decidere i verdetti

    Leccemania: non si dimentichino i sacrifici prima di decidere i verdetti

    • Stefano Gennari
    L’emergenza sanitaria è sicuramente la questione più grave che sta vivendo tutto il mondo ma accanto ad essa si accompagna la situazione economica: iniziano a pesare alle aziende e ai singoli cittadini le misure degli ultimi decreti e questo ovviamente non può che riguardare anche il calcio. Purtroppo, più passa il tempo ed i numeri sono comunque troppo alti e sembra difficile pensare ad un campionato che possa riprendere. Il calcio in tal senso deve comunque discutere del futuro perché in ballo non c’è un semplice sport ma un’economia che raccoglie diversi problematiche: bilanci delle società che hanno impegni con le banche, calciatori sotto contratto, le tv e gli stessi tifosi che abbiano sottoscritto l’abbonamento.

    SACRIFICI E VERDETTI – La società giallorossa per poter disputare il campionato di Serie A si è fatta carico innanzitutto di tutti i lavori di ristrutturazione dello stadio che è invece di proprietà comunale e vi può rientrare se non proprio grazie ai guadagni dai biglietti oltre che dagli abbonamenti. Il Lecce, inoltre, non ha impegni con le banche, cosa sottolineata più volte dal presidente, quindi cerca autonomamente di equilibrare i costi con i ricavi. Dal lato sportivo ha poi dovuto costruire una rosa adeguata per la massima serie aumentando notevolmente il monte ingaggi considerando che due anni fa era in Serie C. Con queste premesse non si vuole sventolare la propria bandiera ma se tutto il mondo del calcio potrebbe conoscere ripercussioni economiche si guardi anche al suo interno con società che hanno dovuto sostenere importanti sacrifici per poter partecipare al massimo campionato e quindi la condanna alla retrocessione dovrebbe avvenire esclusivamente sul campo.

    COMPROMESSO? – Tra i maggiori presidenti c’è in ballo la corsa scudetto ma l’idea play off o play out è da bocciare perché in base a cosa vengono stabilite le squadre che vi partecipano se c’è una distanza maggiore o minore sia nella lotta al titolo che nella retrocessione? O peggio ancora: perché decidere le retrocessioni d’ufficio a dodici o tredici (per alcune squadre) giornate dal termine? A questo punto si pensi piuttosto a programmare delle date quando l’emergenza starà rientrando anche con la possibilità di tardare il prossimo campionato e di finirlo in tempo per gli Europei sfruttando, ad esempio, le date del Boxing Day e turni infrasettimanali oppure ancora allargare la Serie A fino a 22 squadre. Sarebbe ingiusto sia calcisticamente, per la questione dei punti e delle giornate mancanti, sia economicamente per chi ha cercato di allinearsi alle norme del campionato e poi retrocedere d’ufficio. La discussione sarà aperta ancora per molto tempo.

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