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    Il Superbo nella Superba: le due volte in cui Pelé abbagliò Genova

    Il Superbo nella Superba: le due volte in cui Pelé abbagliò Genova

    • Marco Tripodi
    Ora che anche il Re del Calcio s’è andato, oltre ai paragoni inutili e ridondanti, fioccano anche i ricordi. Episodi di un calcio e di un mondo che non c’è più. Un mondo di cui Edson Arantes do Nascimiento, o se preferite semplicemente Pelé, è stato al tempo stesso protagonista e narratore.

    IL MITO - La maggior parte di questi avvenimenti sono arcinoti, raccontati tante volte quanti sono stati i palloni scaraventati alle spalle dei portieri avversari dalla prima vera grande icona planetaria del gioco più bello del mondo. Altri quasi del tutto inediti, coperti dalla polvere di un'epoca in cui le immagini non avevano ancora cominciato la loro opera di distrazione di massa. Frammenti di vita che oggi, almeno per qualche ora, ritrovano la luce, rievocati da chiunque abbia avuto l'onore non comune di confrontarsi con una leggenda vivente.

    AL COSPETTO DEL GRIFO - Un paio di questi episodi legano Pelè a Genova, culla del calcio italiano in cui la Perla Nera si esibì in due occasioni, a distanza di dieci anni una dall'altra. Prima da astro nascente ma già vincente. Poi da Dio del Pallone consacrato ed idolatrato ad ogni latitudine. Il primo sbarco nella Superba del Superbo avvenne il 30 giugno 1959. Soltanto un anno prima quel non ancora 18enne attaccante brasiliano aveva trascinato i verde-oro alla conquista del loro primo agognato titolo mondiale. Un successo che asciugò, pur senza cancellarle, dai volti di un’intera nazione le lacrime del Maracanazo e che al contempo schiuse al giovanissimo Pelè le porte del pantheon calcistico, quel luogo dove soltanto gli immortali del pallone possono risiedere. Tanto che il suo nome, da solo, bastava per riempire gli stadi. Come quel giorno di inizio estate quando una Genova in pieno boom economico si riversò a Marassi per assistere ad un’amichevole del Grifone. Coppe in palio non ce n’erano ma l’occasione era ugualmente imperdibile. Il Santos, la squadra della vita di Pelé, era in tournée in Europa, attesa da una lunga serie di remunerative esibizioni. Ad attenderla sul prato del Ferraris c’era il Genoa. La squadra del pardo Julio Cesar Abbadie, del bisonte Paolo Barison e del kamikaze Giorgio Ghezzi. Gente che sapeva come comportarsi con la palla. Ma che quel giorno impallidì di fronte alla lucentezza del migliore di tutti. Sul prato dello stadio più antico d'Italia il fuoriclasse di Tres Coracoes non riuscì a lasciare alcun segno sul tabellino di un incontro che i suoi vinsero con un agevole 4-2. Ma il ricordo della sua esibizione restò comunque indelebile nella mente degli oltre 50.000 accorsi a Marassi che ne accompagnarono la prestazione con un'ovazione collettiva ad ogni toccò di palla. 

    IL RITORNO - La visita di O Rei al capoluogo ligure si rinnovò esattamente dieci anni più tardi. Ancora una volta il suo Santos aveva approfittato della pausa del proprio campionato per raggranellare un po' di quattrini esibendo la propria perla più pregiata (e i dieci compagni che gli facevo da contorno) in giro per il Vecchio Continente. Il 24 settembre 1969 gli alvinegros tornarono così a calcare il prato verde del Ferraris, opposti questa volta ad una selezione mista formata dai giocatori delle due formazioni locali. Genoa e Sampdoria unirono le proprie forze, sfoggiando per l'occasione un'inedita divisa rossa bordata di bianco. Omaggio cromatico all'unico simbolo che le accomunava: la Croce di San Giorgio. L'effimera fusione tra le due anime della Superba non fu però fortunatissima dal momento che i brasiliani si divertirono a proprio piacimento. E questa volta anche Pelé partecipò alla festa realizzando prima di testa e poi su rigore i suoi gol numero 988 e 989 in carriera ma anche dispensando assist e giocate come fossero caramelle. La sfida finì con un torrenziale 7-1 per i santisti. Un risultato che in altre circostanze avrebbe scatenato il pianto dei perdenti. Invece quella sera sugli spalti di Marassi nessuno versò una lacrima. I loro occhi erano troppo pieni di bellezza per lasciarne scivolare via anche solo un piccolo frammento. Potere del calcio e del suo Re. Un Re in grado di mettere d'accordo tutti. Perfino le due anime inconciliabili del calcio genovese.
     

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