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    Lazo: l'ultimo tabù si chiama Juventus

    Lazo: l'ultimo tabù si chiama Juventus

    • M. A.
    L’ultimo tabù di una stagione sorprendente è di quelli belli grossi e durissimi a cadere. Sono più o meno 12 anni che la Lazio non batte la Juve in campionato, quasi si perde il ricordo di quel 2-0 firmato all’Olimpico da Corradi e Fiore il 6 dicembre 2003: Felipe Anderson (che oggi diventa 22enne) frequentava la prima media. Sabato cambia il teatro, si giocherà di sera con la visibilità e l’emozione del «prime-time» nello Juventus Stadium ma con Felipe in campo e il serbatoio pieno di entusiasmo per sorpasso, fil-otto record ed Europa praticamente messa in cassaforte. Considerato l’impegno Champions della Juve, proprio a cavallo della sfida con i biancocelesti, stavolta  - riporta il Corriere della Sera ed. Romana - la partita è da tripla. Un po’ perché oggi, dopo molti anni e molte delusioni, la Lazio ha finalmente delle cartucce da sparare, e infatti sarà anche il confronto tra i due migliori attacchi della serie A (58 la Lazio, 57 gol la Juve). Un po’ in quanto prima chance delle tre (ci anche sono finale di Coppa Italia e la Supercoppa) che, di fatto, faranno capire se la creatura di Pioli ha davvero i crismi dell’anti-Juve. Vale cioè come inizio di un dualismo vero, e questo amplifica il senso di impresa legato alla partita. Nella quale finisce inevitabilmente un po’ tutto quello che è successo nell’ultimo decennio, da quando Lotito, che contro la Juve a Torino ha potuto esultare solo in Coppa Italia (il 22 aprile 2009, gol strepitoso di Zarate e Kolarov), ha preso la Lazio e lanciato la sfida a un «sistema» calcio che, per storia e seguito, la Juve rappresentava meglio di ogni altro club. Oggi, dopo le prove (fallite) di collaboraxione politica nella scorsa estate, è il presidente biancoceleste che detta le regole dal secondo posto in classifica appena strappato alla Roma, mentre la Juve capolista di Andrea Agnelli (a +12 sulla Lazio) è all’opposizione a braccetto coi giallorossi. Ci si gioca anche la faccia, insomma. Lotito si arrabbiò tantissimo con Vladimir Petkovic quando la Lazio prese 8 gol (segnandone solo uno, a Torino, per altro l’unico di Miro Klose alla Juve) in 13 giorni nell’agosto 2013. Quattro in Supercoppa il 18, la partita che portò il presidente della Lazio a sfogarsi con Agnelli in una battaglia legale sulla questione incasso, e 4 in campionato il 31. Lotito andò su tutte le furie pure nella notte dello 0-3 dell’andata all’Olimpico, lo scorso 22 novembre, quando per l’unica volta della gestione Pioli arrivò sul campo un ko senza se e senza ma. Un’ammissione d’inferiorità che la spiacevole querelle con Marotta (la gaffe che Lotito ha patteggiato con 10 mila euro) ha ribadito anche a livello mediatico. Per questo l’ultimo tabù è forse quello più importante da buttare giù. Con la solita mentalità, sì, ma pure con un sano realismo: i quattro tenori ci saranno, e forse ce la fa pure Marchetti (che sta provando una mascherina con visuale più ampia). Ma non ci sarà De Vrij e i numeri (tre assenze, tre ko: Udinese e Napoli all’Olimpico, Cesena al Manuzzi) dicono che la vittoria senza l’olandese è un altro tabù da rompere.

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