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    Laziomania: vorrei che Inzaghi l'avesse fatto apposta (ma non è così)

    Laziomania: vorrei che Inzaghi l'avesse fatto apposta (ma non è così)

    • Luca Capriotti

    Vorrei che fosse una scelta scientifica, vorrei che Inzaghi l'avesse fatto apposta, da una parte. Pensare con una certa programmazione che l'Europa League sia solo un carico di minuti, fatica, gambe pesanti che la Lazio, al netto di una rosa costruita per queste competizioni, in realtà non è in grado di mantenere. Dunque, uno scientifico dirsi pacificamente: il mercato di Tare non ha dato ad Inzaghi una rosa all'altezza, se non di una competizione e mezza, campionato e Coppa Italia. Tutto il resto è peso inutile. AVVERTENZA: in campionato la Lazio sta facendo benissimo, non eravamo champions ieri non siamo brocchi oggi e tutto il corollario che sarebbe scontato se non fosse poi sempre necessario ripetere pure le cose scontate -


    LE COLPE DI TARE- Vorrei che fosse una cosa scientifica, e invece temo che Inzaghi semplicemente abbia palesato, oltre ai limiti della rosa, anche una discreta incapacità a gestire la rosa. Che, in certi giocatori, non è all'altezza. O meglio, dall'inizio ad oggi si è dimostrata inadeguata alle 3 competizioni. Facciamo l'appello: Vavro, bocciato. Avrà altri appelli, ma per ora tant'è. Il terzo miglior difensore della storia della Lazio per denaro speso dovrebbe essere lui? Ne siamo certi, non è che l'abbiamo studiato su filmati sbagliati? Jony purtroppo oramai vive il dramma di essere incompreso, un Calimero iberico dal sinistro magico e una magica capacità di non saper fare il quinto: è stato preso per un ruolo non suo, per cui non ha le caratteristiche, che non è in grado di fare. Non ha l'intensità, la cattiveria, i polmoni e i chilometri dentro. Ogni volta lo si espone ad una figuraccia, poveraccio. Lazzari di situazione ne vive un'altra: fa un altro bell'assist, ma qualcuno dovrebbe spiegare ai compagni che gioca con loro. Non riceve che una quantità di palloni miserabile, viene servito spesso male, quasi mai sulla corsa.

    LE COLPE DI INZAGHI - Apriamolo, questo vaso di Pandora: è chiaro che sul fondo di questa quasi-eliminazione c'è la gestione comunque sbagliata di una rosa già monca. Le scelte di Cluj Napoca ancora oggi sono il manifesto di un'Europa League nata male anche sul piano di un turnover che forse questo girone non ha mai consentito. Francamente ha una serie di giocatori che non considera, fa entrare solo se costretto e lascia ai margini, che puntualmente deludono sempre di più - vedi Berisha, che io continuo a giudicare un giocatore sprecato, che vale e non viene valorizzato - in una spirale autodistruttiva che il mister non sembra in grado di fermare. Luis Alberto si è fatto mezza Europa League in panchina, ma non sono tanto le scelte a colpire, ma la mancanza di personalità. Che è un problema di rosa, ma anche un problema di chi non riesce ad infonderla del tutto. Quando la Lazio deve tirare fuori gli attributi, se la dà a gambe. E non è la prima volta. Poi qualcuno un giorno ci spiegherà che fine ha fatto Milinkovic-Savic. E perché parlare del rigore, a fine partita, contro un Celtic ordinato, gagliardo, ma maledettamente modesto: non è troppo, recriminare pure dopo 2 sconfitte contro gli scozzesi? 

    AVVERTENZA - Non si può dire che il Celtic sia una squadra da salvezza in Italia: sono ordinati, concreti, messi bene in campo, con picchi di qualità e grande intensità. Che ci siano due gol di differenza a favore della Lazio sulla carta e per quello che si è visto però credo sia necessario dirlo, sennò vale tutto. La Lazio doveva batterli andata e ritorno. E non è sfiga, per favore dai.


    MENTALITA' MANCANTE - E qui l'ultimo grande cratere su cui è inciampata la banda Inzaghi: la mentalità dura e pura di chi vuole portare a casa il risultato costi quel che costi questa squadra non ce l'ha. Quando non si diverte più, quando non deve giocare bene ma deve menare duro, è tutto un tirarsi indietro. Per non parlare del problema proverbiale di questa squadra: chiamateli svarioni, black-out, episodi gestiti male o buchi neri, ma alla fine se qualcosa deve andare storto, quando si mette male, alla Lazio andrà storto. Ed è un difetto del gruppo, questo. Vorrei tanto che fosse una scelta scientifica: uscire dall'Europa League il prima possibile in barba a qualsiasi mentalità vincente, fair-play, voglia di vincere, intensità, tutto nel nome di un bene superiore, il quarto posto. Ma forse, in realtà, quello che conta in questo strano gioco con un pallone che rotola è vincere, perché la mentalità vincente si impara, se possibile, solo così. Ma forse, in realtà, di scientifico questa Lazio a tratti bellissima a tratti orrenda non ha nulla. In tutto anti-scienza, anti-ragionamento, classe e rimorsi. Vorrei che fosse un'uscita di scena strategica, ma di strategico non c'è nulla. Né il mercato, né l'Europa League, né i piani di gestione di mister Inzaghi. Meglio pensare al campionato: più semplice, con più ossigeno, lavorando sugli orrori fatti, sperando che non vengano a funestare altre notti come quella di Roma contro il Celtic, o di Glasgow.


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