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    Laziomania: troppo poco, vince la sosta ma Sarri ha il cruccio Castellanos

    Laziomania: troppo poco, vince la sosta ma Sarri ha il cruccio Castellanos

    • Luca Capriotti
    Troppo poco. È difficile leggere un derby abbastanza brutto, di personalità ma praticamente solo quella. Soprattutto il secondo tempo è stato congelato, tosto, tignoso ma stanco, alla lunga. Dal 70' l'impressione è stata che il pareggiotto alla fine facesse contenti(ni) tutti. Il palo di Luis Alberto unico sussulto serio, il resto tanto ritmo, forza, tensione: la Lazio fa forse qualcosa di più, dopo un buon inizio (20’) della Roma. La squadra di Sarri, impegnati un un duello tattico-diplomatico con Mou, finito a sorrisoni e grossi attestati di simpatia, prende le misure, tambureggia, fa scorrere il pallone e si prende qualche occasione. Sul finire del primo tempo dà quasi l'impressione di volerla vincere. Ma non basta, troppo poco per portarsi a casa la partita più sentita, il derby. Come si sono detti Mourinho e Sarri, sorridendosi: nessuno ride, nessuno piange. Però una risata forse i tifosi della Lazio se la sarebbero fatta volentieri. 

    NIENTE TATY  - La tensione si taglia a fette, cresce, è la partita che a Roma vale tanto per umori, pensieri, settimane e mesi. Ci pensa l'arbitro Massa, dopo un giallo (che Marelli, bontà sua, definisce generoso) a Mancini, ad innalzare il livello della carica agonistica. Capannelli, insulti, parolacce, qualche affronto verbale. Tutta una gran cagnara, che finisce per frenare la Lazio nel suo momento migliore. Nella ripresa i laziali sapevano: il rischio di presentarsi in campo stanchi,  Per il resto Sarri gestisce i cambi ma non riesce ad ingranare il cambio di marcia solito della Lazio 2.0 (quella panchina che Mou dice di non avere, la chiedesse a Lotito): Vecino ingrippa il motore entrando prima ed uscendo poi per infortunio, in generale in molti sono un po' acciacciati, a pagare è Taty Castellanos che nemmeno entra. 

    Ed è un errore: se Lukaku cerca di fare a spallate ma viene stretto tra Patric e Romagnoli, entrambi autori di una prestazione pazzesca, Immobile ha un paio di azioni potenziali ma non riesce ad incidere, fa un discreto primo tempo ma poi si stanca, non ha energie se non nella litigata con Paredes (anticipato anche qui, però da Pedro). I cambi ok, ma Sarri, pur senza esterni, non cambia modulo nemmeno se lo costringono gli eventi, non prova le due punte centrali, non si spiega perché mettere Kamada esterno d’attacco piuttosto che provare a uscire dalla gabbia tecnico-tattica che tutte e due i mister hanno intessuto, e che oramai sta assopendo il derby sullo zero a zero. Serviva improvvisare, ma lo spartito è rimasto lo stesso, e il povero Kamada ha vissuto un'altra notte strabica.

    Per il resto tante interruzioni, pochi minuti di recupero a testimoniare uno scorrere veloce di tensione, repressioni, poche chance pulite e tanto tatticismo. Monumentale Guendouzi, che ha tirato fuori una prova maestosa, di livello alto. Personalità, cuore, tatticamente ineccepibile e dal buon ritmo, tanti bei palloni giocati, tra cui un assist potenziale per Immobile che non riesce a trovare il pallone e il tiro, ostacolato da Mancini (altro autore di una buona prova).

    CHI MERITAVA DI PIÙ - Il giochino, piuttosto inutile, di tirare fuori la vincente ai punti potremmo pure farlo: la Lazio forse meritava qualcosina di più, ma siamo ad un livello infinitesimale, perché il match è stato tirato, cupo, brutto in definitiva, in apnea. Conta poco. Hanno vinto le due settimane post derby, ha trionfato la sosta. La condizione dei giocatori era deteriorata, si vedeva la paura di doversi sorbire 15 giorni di insulti, grida in radio, minacce. Roma è così: se il derby si vince, si va in paradiso. Ma se si perde, la città si restringe, diventa invivibile, asfittica, apocalittica. Una specie di futuro distopico di urla, gemiti, Sheol e catene. Tutto sommato, le due squadre si sono ritrovate d'accordo sul fronteggiarsi minacciandosi, senza mai davvero mettersi le mani in faccia. E infine, dopo 93’ (pochi, rispetto al solito) di apnea, si sono dette che alla fine è stato meglio pareggiare, che farsi del male davvero.

    NO GOL - Tiriamo le somme. Alla Lazio mancano i gol: non solo di Immobile, ma anche di un Pedro capace solo di litigare, di un Felipe Anderson ibernato. Poche le occasioni davvero pericolosi, pochissimi i gol. Isaksen qualche lampo, ma tutto questo non può bastare: non ci si può sempre affidare al mago Luis Alberto, il più pericoloso. Il tiro pazzesco che ha impattato il palo è da rivedere in loop, praticamente l’unica cosa esteticamente rilevante di tutta la partita. In un mondo di cose brutte, rivediamoci almeno quel tiro, e poco altro, troppo poco altro. Nessuno ride, nessuno piange, ma questo è poco, troppo poco. Ce lo prendiamo, respiriamo, sfruttiamo questa sosta per integrare meglio i nuovi. Ma serviva altro per prendersi Roma. Molto altro.

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