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Laziomania: non svegliate questa Lazio, non dite QUELLA parola
UN ANNO STRANO - Parlare dei singoli è complesso perché la Lazio fa una partita gagliarda, decisa, attenta, ma spesso si fa trascinare in ritmi limacciosi da un discreto Napoli, ma minato, depresso, con un male oscuro, quello che ti fa buttare le stagioni. Dall'altra parte i picchi di euforia sono diventati stato continuato, una specie di respirazione bocca a bocca con una fortissima felicità. Inzaghi sta vivendo un momento che è difficile anche da giudicare: è nella storia della Lazio, ma forse ha fatto male a togliere Caicedo, l'ho pensato, la squadra si è abbassata, è andata in difficoltà. O forse già aveva imboccato una brutta china, con lo sforzo del Napoli che trova la sua massima espressione nel palo di Zielinski. Poi è uscita la Lazio, o meglio, come dice Milinkovic Savic: due cose sono certe nella vita, la morte, e che la Lazio non molla mai.
LA LAZIO NON MOLLA - Fino all'ultimo, Immobile ci ha creduto. Ha giocato una brutta partita, faticosa, spigolosa, complessa. Ma ci ha creduto anche oltre le sue capacità fisiche, storiche. Nel momento in cui forse nessuno pensava di potercela fare (ai punti forse meritava il Napoli), questa Lazio ha il merito di trovare sempre uno spazio di fede in più. Un gradino sopra tutti, la Lazio ci crede. Ci crede sempre, fino all'ultimo, crede perfino che un portiere molto bravo con i piedi come Ospina faccia la cretinata della vita che manda in Paradiso Inzaghi e i suoi.
COME TI SENTI - Parlare di come si sentono i laziali ora è complesso. Questo bacio della grazia sembra infinito, non è più un tocco di fortuna, ma un amplesso. E in questo vorticoso e appassionato abbraccio col girone di andata, la Lazio è talmente in alto da far girare la testa, ma deve rimanere coi piedi per terra. E lo stesso io, addetto ai lavori. Proprio ora mi sento di dire che Inzaghi in panchina contro il Napoli aveva davvero soluzioni limitate. E questo è un problema: dare qualche arma in più al mister deve essere l'imperativo categorico di Lotito, che in coppia con Diaconale, nella settimana dei 120 anni del club, ne ha sparate un paio al limite. Meno pensieri storici, due colpetti di assestamento sul mercato ci vogliono. Anche per convincere questa squadra che non è un sogno, che siamo reali, che siamo davvero così in alto, dove l'aria è rarefatta intorno alla parola innominabile, quella che non dovete pronunciare nemmeno. Non svegliate la Lazio. E tu non dire quella parola, ma abbracciami finché dura tutto questo sogno.