Laziomania: la domenica dello spreco e le palle gol nell'indifferenziata
La chiamerà sfortuna, o manca qualcosa? Inzaghi se lo sarà chiesto, quando i due punti persi, ronzanti come mosconi, lo avranno tormentato a fine partita, nel momento in cui Immobile salvava il salvabile dal dischetto. Ma la domenica dello spreco (troppe palle gol buttate nell’indifferenziata) non è che una parziale disamina di una partita che ha evidenziato tutti i pregi e i difetti della sua Lazio.
Pregi - Vedi alla voce pregi: la Lazio di Inzaghi ha gli stessi punti del Napoli di Sarri, ma un impianto di gioco decisamente meno brillante. Il volume di gioco non si discute: è un ammasso di azioni quello che la Lazio produce. Ma brillantezza, idee, velocità di esecuzione spesso mancano. E qualità in mezzo al campo. Parolo in fase di impostazione ha perso il senno della verticalizzazione su qualche Luna, Lulic e Milinkovic, di ruolo mezzala, si spingono spesso a ridosso dei difensori in fase di possesso (del serbo l'unica verticalizzazione, e fu palo) per creare densità, Keita e Felipe, soprattutto nel primo tempo, sono stati incisivi, taglienti, brillanti. Sembrano essere belle idee, ma fuori da un impianto filosofico, piuttosto trainanti senza essere realmente corali. Quanto ad assoli, la Lazio vola. Ma, come vedremo nei difetti, il coro non canta a dovere.
Difetti - Non canta proprio, a volte. Manca un pressing di rilievo nelle fasi di transizione, quando la Lazio perde palla quasi mai contro il Bologna l’ha ripresa subito, permettendo a Floccari e Verdi di tirare fuori la testa e respirare. Milinkovic non ha mai sfruttato lo spazio creato da Nagy, che a volte si faceva attrarre sulla linea dei difensori, a volte pecca di eccessiva superficialità e poca rabbia. Le punte non hanno reali ricambi: Djordjevic non è entrato neppure per provare a riacciuffare il risultato (vuole andare via se non gioca, forse sarebbe il caso di accontentarlo), Luis Alberto è entrato in un momento del match complicato, ma non sembra essere un giocatore che risolve, e questa è una colpa capitale, visto che dovrebbe essere il dopo-Candreva. La reazione ha creato massa d’occasioni, ma la partita la Lazio l’ha persa. In maniera incredibile, maledetta forse. Ma manca un fondamentale, la cattiveria sotto porta, la calma di saper gestire e leggere la partita. Era una Lazio ansiosa quella che non riusciva a superare Da Costa. Con un equivoco da evitare. Tante azioni, non vuol dire avere giocato bene, in maniera limpida, con meccanismi oliati, insistendo su uno spartito nato per fare male al Bologna. Vuol dire aver buttato dentro tanti palloni, averci provato in tanti modi, aver avuto tanta buona volontà e poche idee chiare. Troppo poche, per parlare solo di sfortuna.