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    Laziomania: lezione totale alla Roma

    Laziomania: lezione totale alla Roma

    • Luca Capriotti
    Lezione alla Roma. La Lazio è meno forte, ha limiti, non aveva il suo centravanti di punta, Immobile: ma proprio nel momento più complicato, nella gara più complicata Keita e Inzaghi costruiscono una partita che è un monumento alla dedizione, alla volontà, alla forza, alla testa e al cuore. Tutti gli ingredienti che fanno di questa Lazio una squadra in grado di superare sempre i propri limiti, alzare continuamente l'asticella. Keita fa tutto quello che non ha mai fatto da prima punta: è decisivo, follemente tecnico, sempre smarcato, sempre in linea tra la massima pericolosità e l'utile per la squadra.

    Il confronto a distanza con Dzeko lo vince in ogni minuto di gioco: laddove l'attaccante bosniaco è sempre in ritardo, Keita anticipa e brucia, Dzeko non riesce a buttarla dentro (anche per merito di un super Strakosha), Keita appena può non sbaglia.  Ma il paradiso di Keita non è tanto nei gol, quanto nella sensazione di pericolosità che pervade ogni sua giocata. La sensazione che, alla fine, si trovi sempre nella posizione esatta per fare male alla Roma.

    Inzaghi ha cucito una tela di pressione e forza, amplificando tutti i deficit della Roma. Per vie centrali la Lazio ha alzato un muro, e la Roma ci ha sbattuto di continuo, con perseveranza, senza neppure riuscire a fare una piccola crepa. La mossa di Keita, proprio lui, che doveva essere quasi fuori rosa ad inizio anno, al primo affondo abbatte tutte le resistenze giallorosse e corre verso la tribuna. Ma il secondo gol di Keita, decisivo, lo fa urlare, indicando la maglia, sotto la Curva Nord. La sua permanenza è in bilico, potrebbe essere il suo ultimo derby: non per passione, non per gioia, non per attaccamento. Per altre beghe, questioni di rapporti e numeri: che non riguardano il meraviglioso rettangolo verde dove Keita danza, spinge, forza giocate di altissimo livello che gli riescono. La Lazio preme a tutta forza sul peso che grava sulle spalle della Roma, l'opportunità, forse irripetibile, di riaprire il campionato. Ingabbia gli esterni con il raddoppio continuo, annullando del tutto El Shaarawy prima, Perotti poi, lasciando a Salah sempre poche situazioni di gioco possibili, sempre le meno pericolose. Fisicamente la Lazio è sempre in vantaggio, non lascia mai respirare la Roma, con Milinkovic in grado di affermare continuamente la supremazia fisica del terzetto biancoceleste. La corsa continua dei giocatori della Lazio mette continuamente in affanno i meccanismi appannati dell'11 di Spalletti. Le letture giuste di Inzaghi si basano su pacchetto difensivo che ostruisce le linee di passaggio, la possibilità di fruire di cursori e incursori. Ma non è tatticamente, non solo, che la Lazio fa male alla Roma: è più un fattore mentale, una capacità di mettere la gara sul piano della determinazione, della forza mentale. Poi Spalletti riduce tutto alle deviazioni, nel post-partita. Ma è una riduzione di comodo, ad ulteriore conferma che in effetti, è proprio sul fattore cuore e testa che la Lazio si porta a casa il derby. E non è una lezione sulle deviazioni. Più una lezione sul gruppo, sullo spirito. Una lezione totale, anche per chi si ostina a non imparare, a ridurre, a minimizzare. Una lezione di Inzaghi a Spalletti, un'altra lezione a sorpresa di coraggio, tenacia, e scelte giuste. Una lezione alla Roma.

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