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Laziomania: la Roma stracciata a Manchester e la goliardia romana
LA SCARAMANZIA COME ME L'HANNO INSEGNATA - Parto dal presupposto che vado oltre da anni rispetto al concetto di fortuna e sfortuna, astri, figuratevi sono cristiano e cattolico, ho già i miei salti di fede da fare ogni giorno. Ma è chiaro altrettanto che la Lazio mi ha insegnato tanto di come il calcio va vissuto. Il calcio, fatto di dettagli, rotazioni del pallone, pali interni, gol all'ultimo decimo di secondo e sviste, ha una sua componente magica che non si può ignorare. Quando ero piccolo, con nonno andavo allo stadio vestito sempre alla stessa maniera, sempre alla stessa ora (molte ore prima della partita), sempre mangiando più o meno alla stessa maniera (troppo lento io, secondo lui, troppo veloce lui, secondo me). Se riesce, con sottili arti divinatorie il nonno ancora segue con passione la Roma, in quella posa che a Roma definiremmo da "gufo". Che è diventato una specie di insulto, ma in realtà è forse il simbolo di come a Roma le cose si vivono sempre nello specchio, sempre affacciato sull'altro, nel bene e nel male. Vince la Lazio, la Roma pure, non è una domenica del tutto piena. Vince la Lazio, la Roma perde, è questo il paradiso? Semplifico, il tifo è molto più di così, ma nella mia testa di bimbo era questo. Poi sono stati inventati i concetti di "sudditanza", "complesso di inferiorità" , "non conta il risultato conta il tifo". Per i bambini è tutto più semplice. Se metto la stessa sciarpa e finisco senza voce, la Lazio vincerà. Se dico "sfiga a te" al televisore con la Roma, succederà quel che deve succedere.
LA SCARAMANZIA NON E' UN GIOCO - Una cosa che ho capito, poi, negli anni, è che i social hanno molto rovinato questo processo intimo, quasi di famiglia. Quel sottile godimento di urlare per un gol, sapendo che dall'altra parte qualcuno sta sotto ad un treno. I social hanno amplificato, annichilito, semplificato, reso rozzo perfino lo sfottò. Mi viene un piccolo monito, poi per carità, non faccio l'insegnante, ma occhio: i conti si fanno sempre a bocce ferme. La Roma ha perso malissimo una partita che stava giocando bene, annichilita da una squadra più forte. Mi provocano piacere le giustificazioni (gli infortuni, etc etc), quando il calcio a volte è semplice: i più forti vincono, e se li fai giocare bene ti stracciano. Ma dopo il primo gol del Manchester United ho visto i tifosi della Lazio tutti a correre sui social. Sarebbe banale un richiamo ad una maggiore eleganza, che purtroppo non si può insegnare. Ma un piccolo promemoria: siccome il calcio è un fatto culturale, e se volete tribale, noi non dobbiamo essere come loro. Nella vita ho imparato che una delle cose più semplice per me è l'imitazione e la contrapposizione. Mio nonno mi sembra un ottimo esempio di lazialità? Lo imito. Loro ci sembrano i tifosi che non vogliamo essere? Dobbiamo essere diversi. Altrimenti qualsiasi sciarpa va bene addosso. Mio nonno è di Rione Monti, parla quel romano antico che si è perso, ora non ho fatto con lui una consulenza con lui su come bisogna trasmettere i giusti valori della lazialità e del tifo, ma penso sia d'accordo con me. La scaramanzia non è un gioco, e manco i social. Ah, visto che mi sento didascalico cit.: dopo le partite, a volte, staccatevi dai social. Vi fa bene, pensare.
p.s. Ma io lo dico pure per loro: lasciamoli soli nella loro auto-commiserazione. Ma io lo dico per loro: se volete proprio sentirli vicini, potete pur sempre sentirvi le loro radio, stamattina.