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    Laziomania: la Roma certifica il fallimento di Tare, Inzaghi, dei senatori: la fine di un ciclo?

    Laziomania: la Roma certifica il fallimento di Tare, Inzaghi, dei senatori: la fine di un ciclo?

    • Luca Capriotti
    Inaccettabile. Non era decisiva, ma l'epilogo di questa stagione è stato francamente indegno. Con la vittoria della Juventus le speranze Lazio di andare in Champions League erano diventate quasi un miraggio, e già prima erano flebili. Ma su questo gruppo dopo un primo tempo a basso ritmo ma discreto tecnicamente è calata una notte psicologica. E aggiunto: belle le parole di Tare nel prepartita sui derby da vincere, l'atteggiamento, la mentalità. Ma restano parole. Forse sono l'ennesimo segnale di uno scollamento tra realtà e idee di questo Ds. Se il fallimento della Roma e di Fonseca è certificato da Manchester e da Mourinho, quello della Lazio stasera ha avuto il suo bollino DOC. E tutto parte dalle scelte di Tare, scende su un gruppo che forse ha già dato il meglio, e capita tra capo e collo su un mister che forse aspetta una chiamata, ma non di Lotito per il rinnovo.

    DETTAGLI DI DERBY - Della partita mi restano in testa dettagli. Chiaro, come dice Inzaghi la Roma fa 2 tiri e 2 gol. Ma l'atteggiamento. Le facce. Gli interventi sciapi, i duelli persi. Acerbi che si fa male, decide di non uscire e da quel momento è la marionetta di Dzeko (stratosferico, va detto). Luis Alberto sempre più stizzito che si fa parare un tiro da un metro, Milinkovic che prova un pallonetto. L'ennesimo Muriqi titolare, che nella sua migliore partita fa finalmente gol. Ma in fuorigioco, praticamente la fotografia della sua esperienza a Roma, un mix tra sfortuna e pochezza tecnica. Immagini, frammenti: la Roma che entra con molta più voglia, Inzaghi che con i cambi ingarbuglia di nuovo tutto, non ci si capisce più niente, Fares che fa un casino (altro acquisto di cui si parla troppo poco, forse il vero fallimento di Tare). La Roma raddoppia, la Lazio si inabissa nel suo fatale epilogo e regala una gioia gratis alla fine di una stagione fallimentare ai giallorossi. L'unica cosa che non bisogna permettersi a Roma: dare speranza, sorrisi, esultanze agli altri quando non ne avrebbero alcun motivo. La maglia celebrativa, le foto, quello che i nostri giocatori non capiranno mai è che ora ci toccherà discutere con persone totalmente fuori dalla realtà, disconnesse dalla loro stessa stagione. Persone che hanno esultato per Mourinho, che si credono ingiustamente abbattuti, che non sanno mai dire una parola che sia giusta sul calcio eppure ne parlano di continuo. Per parlarci - che già è un grosso aiuto da parte nostra - dovremo entrare nella loro realtà parallela, in cui si sentono in diritto di parlare quando finiranno in Conference League, hanno sancito l'ennesimo fallimento tecnico eppure parleranno: eh, se non avessimo avuto gli infortuni, l'Europa League, eh la mezz'ora di Manchester (sì, lo pensano davvero, di aver avuto una minima chance), eh Dzeko che campione (discusso fino a ieri, criticato ferocemente il loro terzo attaccante più prolifico di sempre, ora santificato), eh se avessimo scoperto prima Darboe, eh Ibanez fortissimo - ieri stava impiccando di nuovo la partita - eh le geometrie di Villar (panchinaro di un Primavera), e potrei continuare all'infinito. E questa chiacchiera continua, megalomane, arruffona e distopica è un bel regalo dei nostri giocatori ai loro tifosi, grazie.

    DECISIVA? - Non era una gara decisiva: la Lazio il treno Champions lo ha perso buttando punti, perdendo di gran lunga contro un Napoli molto più forte lo scontro diretto, non giocando a Firenze. La Lazio ha perso la Champions con un mercato non all'altezza, scollato dalla necessità di celebrare ed onorare una stagione Champions storica, fondamentale. Forse l'ultimo saluto a questo gruppo, che ha avuto anima, coraggio, grande classe, gioco splendido, ma anche paurose fragilità e inaccettabili atteggiamenti. Come ieri notte. Forse questo match è decisivo nella testa di alcuni: un clic che fotografa senatori a fine carriera, un mister sempre troppo corretto e pulito in conferenza stampa nei confronti di un mercato orchestrato in maniera mendicante, acquisti sbagliati e caratteri sciapi. Era la nostra occasione, questa stagione: la Lazio ha giocato una buona Champions per le sue possibilità ma un campionato inquinato dalle basse frequenze e dai blackout di cattiveria di una rosa rinforzata di nome ma non di fatto. Questo derby certifica tutto questo: poca voglia di combattere, pochi falli, poca grinta, poca rabbia. E fa male, veramente male dircelo dopo un derby perso: questo gruppo ha dominato dal 2018 ad oggi i giallorossi. E forse ora ha abdicato. E forse è ora di cambiare.

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