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    Laziomania: la rivincita di Immobile è l'unica intervista di cui ha bisogno

    Laziomania: la rivincita di Immobile è l'unica intervista di cui ha bisogno

    • Luca Capriotti
    A volte il calcio è un dio geloso, altre volte un dio passionale, o crudele, pazzo, folle, altre infine un dio che dona, che regala un finale epico. Ciro Immobile entra contro la Fiorentina dopo che, in panchina, ha seguito tutta la gara incitando, partecipando. Sarri fa di nuovo quel suo nuovo trucchetto delle rotazioni: tipo Transformers innesta la Lazio 2, che inizialmente fatica, dopo tante occasioni costruite nel secondo tempo e una partita elettrica, ad altissima intensità. Dentro un nuovo centrocampo in toto, e un attacco quasi del tutto rinnovato. Specialmente entra Ciro Immobile. E siccome il calcio è un dio strano, si vede che Immobile ruggisce, si dibatte, corre, si appassiona agli ultimi minuti di una partita che, inesorabile, sta andando verso lo zero a zero. 

    UNA PARTITA APERTA - Fino a quel momento, la partita era stata uno spettacolo potente di tecnica, tattica, forza. Le squadre si sono mosse per 55’ in fazzoletti ristretti di terra. La Lazio, nella ripresa, ha saputo trovare la forza di insidiare più volte la porta di Terracciano, ma la Fiorentina è sempre stata in partita, dando sempre la sensazione di poter essere letale in qualsiasi momento. Tutta la gara si è giocata su palloni pesantissimi, frazioni di secondi, recuperi di palla e gente sotto pressione. Sotto pressione la Lazio, che ha bisogno dei 3 punti ma non deve perdere. Sotto pressione la Fiorentina, che vuole confermare quanto di buono sta facendo. Sotto pressione ogni singolo tocco, ogni controllo. Ambedue le squadre hanno provato a tenersi il pallone e, senza poterselo tenere, almeno a contenderselo. Tutta la partita è stata in effetti una contesa continua, un dibattito acerrimo, uno sforzo fisico immenso. Tutta la partita è sembrata la preparazione all’ingresso in campo di Ciro Immobile. 

    LA PREPARAZIONE  - In qualche modo, è stato tutto preparato dal dio del calcio. Quando Immobile si va a scaldare, tutto l’Olimpico lo chiama. Castellanos, per inciso fa una grande partita anche se, in un paio di occasioni, molto imprecisa nel tiro finale. Entra Immobile, ed ha una fiducia forte di poter incidere. Si capisce subito che ha la carica giusta, l’elettricità che serve. Non gli arrivano tantissimi palloni, la Fiorentina dall’altra parte prova a lanciare verso Nzola, a saltare il centrocampo per fare male. La Lazio si affida a Pedro, Vecino, Immobile: gli inossidabili veterani rispondono e lottano, ma tutto va verso lo 0-0. Tutto dice zero a zero: le perdite di tempo di Ranieri, i raccattapalle sempre più svogliati sotto la pioggia torrenziale di Roma, perfino Italiano sembra più stanco dopo l’intera partita a correre avanti e indietro davanti alla panchina, quasi un terzino aggiunto. 

    IL KAIROS DI IMMOBILE - Nella vita ci sono dei momenti decisivi, che possono decidere le sorti di un cuore e di un’anima. Quell’istante, il kairos lo chiamavano i greci, in cui per esempio Provedel si ferma sulla linea, e va a contrasto con Nzola. Quel momento in cui Terracciano resta in piedi due volte, e para sia su Felipe Anderson sia su Luis Alberto (meno ispirato del solito). Quei momenti in cui non ti riesce niente no, non sono kairos: Felipe Anderson e Zaccagni ne hanno vissuti parecchi, di momenti in cui poche cose riescono. Quando i minuti scorrono, si entra nel recupero, è proprio Immobile che gestisce una palla complicata la gira a Pedro che stavolta punta Parisi sul suo piede debole. Il pallone che mette dentro non è irresistibile, ma quello che conta è che, dopo una partita di altissimo livello, per un momento Milenkovic perde le coordinate e allarga il braccio cercando Vecino, che a sua volta cerca quel braccio di testa. Quando l’arbitro indica il dischetto (due volte, anche dopo il check del VAR), Immobile avrà pensato a tutto quello che è successo nelle ultime settimane, alle interviste, l’Arabia tirata in mezza, avrà pensato alla sua immensa storia calcistica, agli avvicendamenti, le opacità, l’inizio di stagione complicato per lui e la squadra, le critiche. 

    Avrà pensato al coro della Nord, mentre si stava scaldando. Il calcio è così: regala dei momenti crudeli, ma anche delle immense rivincite. Nel momento in cui Ciro Immobile sta prendendo la rincorsa, in qualche modo sta scrivendo di nuovo, per l’ennesima volta, la sua storia. E, come tutte le altre volte, lo ha fatto col suo unico metodo: il gol decisivo. A volte il calcio è un dio furioso, è un dio spaventato da un futuro incerto, a volte il calcio si coccola teneramente i suoi eroi. E non c’è dubbio che Ciro Immobile debba accettare qualche partita in meno, una gestione maggiore. Ma indubbio, altrettanto indubbio, è che Immobile sia storia di questo club. Una storia ancora viva, parlante l’unica lingua possibile: quella del momento decisivo, del gol decisivo. Sotto pressione, ci pensa Immobile. L'unica intervista di cui aveva veramente bisogno: quella col gol.

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