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Laziomania: la leggenda di Immobile scavalca la Roma, e ora la Settimana
TUTTO MENO CHE FACILE - La partita contro il Venezia, questo Monday Night senza il freddo pungente degli ultimi giorni, è facile da leggere: gli ospiti sono stretti, chiusi, attenti, pronti a ripartire. E la Lazio non è apostata: crede oramai nei dettami di Sarri, a costo di tenerla fino a sentirsi male quella palla, di palleggiare fino allo sfinimento. Manca qualcosina in precisione, qualche occasione prima del gol poteva essere capitalizzata meglio (Felipe Anderson se ne è mangiato uno bello grosso) ma il credo è quello, la preghiera è quella, il gioco ricercato è sempre quello.
Il Venezia aveva bisogno di punti, coinvolta in un duello mortale. Il palleggio, le verticalizzazioni veloci e improvvise, gli spazi da aprire e la grinta feroce di Immobile, a + 1 rispetto allo scorso anno: manca il tiro, uno solo al termine, ma è il percorso a contare. Discreta la partita dei big, ma niente di eccezionale, e serviva qualcosa di più per scardinare, spaccare, sgraffignare il gol a questo Venezia di ottima lena. Senza strafare, la Lazio si porta a casa una vittoria pesantissima, granitica, in una domenica strana, piena di capitomboli pesanti e punti persi. La Lazio fa il suo, ovvero vince, e lo fa con le sue idee.
SEMPRE LUI - Il pugno di Immobile di rabbia, di forza, in una partita complicata, in cui ha toccato pochi palloni buoni. Uno lo ha schiaffeggiato sotto l'incrocio, senza pietà. La parola d'ordine è umiltà, dei compagni e sua: gli dicono dei suoi numeri pazzeschi, dietro solo a Messi e Lewa, e lui nicchia, si sposta dietro la linea delle domande come fa con i difensori, cerca la profondità e condivide con i compagni meriti e onori. Nella notte di Wilson, la testimonianza concreta di come questo popolo onori le sue leggende, Immobile forse capisce fino in fondo quanto questa gente lo può amare, lo amerà, tiene il suo santino nel portafogli.
Specialmente in questa settimana, senza Zaccagni grazie al giallo inventato dall'arbitro - spiega bene Parolo perché nel post (che però il rigore non lo vede, giustamente un calcio in faccia si nasconde benissimo): Roma è entrata nella sua personale settimana santa, il lungo cammino di avvicinamento al derby della capitale. E nella sequela infinita di riti pagani, superstizioni e sfottò sani, ogni tanto tirare fuori il santino di Immobile sarà rasserenante. Per quanto possa esserci serenità, in questa settimana specifica e fuori dal tempo, sulla terra bagnata dal Tevere, che divide in due questa città in attesa