Perfetti, ma non forti. Oramai questa legge del calcio Inzaghi la conosce a memoria, i tifosi della Lazio potrebbe tatuarsela. Una lezione di calcio, quella della Lazio al Milan. Che non è perfetto, anzi. Sembra costruito peggio della Lazio, tatticamente ha sbagliato partita, aveva pochi titolari e pure schierati in posizioni sbagliate (tipo Deulofeu). Ha un giocatore forte, decisivo, porta punti, Suso.
La Lazio dall'altra parte ha recitato alla perfezione. Ha fatto esattamente la partita che voleva: ha spadroneggiato a centrocampo, umiliando a più riprese gli spauriti dirimpettai (tra cui un timidissimo Locatelli). Ha arato falciato le fasce con il piglio delle cose ineluttabili: Vangioni ha chiesto pietà a più riprese davanti Felipe Anderson. Tutto perfetto come un orologio, studiato alla perfezione, applicato meglio ancora.
Peccato che non basti. Perché poi i singoli fanno scelte scellerate, sbagliate, sempre nel momento decisivo.
Questa Lazio ha nel DNA una mancanza fondamentale: gli manca l'istinto della caccia. È una leziosa leonessa domestico, che avrebbe le unghie, i denti, per divorare prede enormi, e gioca con i topini.
Il tridente sembra sempre nel paese dei balocchi: scherza con l'avversario, lo salta, sembra sempre in grado di fare male. Poi davanti a Donnarumma una serie infinita di tiri da Baseball, sul guantone del portiere. Finché Suso non ha azzeccato lo strike capace di chiudere i giochi.
Forse gli esterni della Lazio sono la sintesi di cosa vuol dire essere perfetti, ma non veramente forti. Capacità di saltare l'uomo sempre, cross a volontà. Ma mai veramente decisivi nelle gare grosse, quando il bersaglio diventa piccolo, gli avversari diventano veri, le gambe devono macinare le giuste decisioni.
Le giuste decisioni che fanno diventare un giocatore perfetto un giocatore decisivo, che fanno avere i 3 punti. Che fanno gridare al grande giocatore.
Discorso a parte merita Immobile. Dà l'impressione di non riuscire sempre a capitalizzare con la dovuta precisione. Si sbatte molto, si danna, e forse questo non lo aiuta. Inutile dire (ma lo diciamo per dovere di cronaca), che se la Lazio avesse avuto la volontà di fare una nuova punta a gennaio, ora magari nel secondo tempo Inzaghi avrebbe avuto un altro attaccante affamato da buttare dentro. Ma il mercato è passato, e nel giorno di San Valentino, c'è amarezza, rabbia, per una Lazio che sembra perfetta, ma non è veramente forte. Ma è l'unica che i tifosi possono seguire, accompagnare per mano, scegliere. E forse è proprio nella sua imperfezione più triste, nella sua incompiutezza, dove manca davvero, che la amano ancora di più.