Pareggiano Lazio e Napoli, vince Inzaghi. Nella gara di lavagna e tattica, strapazza un maestro del genere come Sarri, porta a casa il punto e il punto di distanza da Sarri. L'ha preparata a puntino la partita, ha studiato come mettere in panne gli ingranaggi del Napoli: Inzaghi accetta il rischio, enorme, di lasciare l'uno contro uno al tridente, accetta di lasciare Wallace contro Mertens, Basta fuori posizione nella difesa a 3 più inedita che mai. E nei primi minuti qualcosa si scardina subito, ma poi la Lazio si assesta.

Pensate se avesse perso o preso una sonora imbarcata con Basta, terzino adattato in difesa a 3, Wallace preferito a Hoedt e Felipe Anderson ancora sulla linea dei centrocampisti. A Roma si sarebbe aperto un processo da Santa Inquisizione. Invece Inzaghi ha accettato i rischi, ha accettato e vinto la maggior parte dei duelli individuali, ha messo in campo una squadra che ha saputo soffrire, correre, crederci. Forse non è un caso che molti tifosi lo abbiano abbracciato alla stazione Termini, prima di partire per Napoli. Inzaghi logora chi non ce l'ha: Sarri ha perso qualche colpo, la sua macchina da gol ha tossito forte, è partita ma si è fatta riacchiappare (anche grazie alla complicità di Reina, che non si aspetta un tiro secco di Keita, e dimostra di aver perso un po' di reattività. Inzaghi ringrazia anche Damato, che su un altro fallo di mano di Parolo, un abbonamento il suo, non vede. E meno male: San Gennaro, stavolta, ha aiutato la Lazio. E per dirla alla Battisti, tu sola sai se è vero o no che credo in Dio. In Dio lo teniamo per noi, in Inzaghi cominciamo a crederci seriamente.