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    Laziomania: il primo giorno senza Senad Lulic

    Laziomania: il primo giorno senza Senad Lulic

    • Luca Capriotti
    Il primo giorno senza Senad Lulic. I sanpietrini rimangono sotto i piedi a lungo: chi ha visto Roma non la scorda. Il boato dello stadio rimane nell'orecchio a lungo: chi ha visto un derby non lo scorda. Ma quel boato, quel boato del 26 maggio 2013 non è una roba che si può misurare in decibel o con una stupida estensione spazio-temporale. Non in metri: quelli che Lulic ha percorso con la maglia della Lazio. Non in secondi, cristallizzati, fermi, non in minuti, quelli subito prima, subito dopo. Non in anni, tutti quelli che verranno, tutti quelli che importeranno tanto o passeranno subito. Tutti quelli che ci separano da momenti bellissimi o brutti con la Lazio hanno un significato relativo e hanno un riferimento temporale: è una cosa più importante del 26 maggio? È una cosa più bella? Se non lo è, allora è sotto l'importanza di Senad Lulic.

    L'ADDIO DI SENAD LULIC NON È UNA COSA NORMALE - Normalizzare a volte non è giusto. Non è una cosa normale, l'addio di Senad Lulic per il mondo Lazio. È curioso che su questo ragazzotto bosniaco dinoccolato, con la stessa finta (che a Roma è un po' un genere letterario, anche l'altra squadra aveva la finta di Delvecchio), con lo sguardo divertito ma timido, si sia scatenata tutta la slavina infinita di una leggenda. Per capirci: a Roma per mesi al minuto 71 la Curva Nord ha fatto continuamente festa. Per capirci, è entrato quasi nel vocabolario romano Lulic, 71, il minuto di quell'unico gol che da solo rappresenta una piccola parte della sua carriera lunghissima con la Lazio, eppure quella essenziale, quella che ha fatto diventare un giocatore esperto, un veterano, perfino un senatore dello spogliatoio una specie di totem vivente, un ricordo umano, uno di quelli che non passano. Un tocco, e sei nella storia. Un tiro mezzo sbilenco, e ti bussa la leggenda. Per capirci: questo ragazzo è una specie di eroe per il mondo Lazio. E questo resta. Questo resta sempre. 

    COME È FINITA - Ovviamente tutti, tifosi compresi, speravano di poter celebrare gli addii di Lulic e Parolo in maniera diversa. Su Parolo ho già scritto, e spero che sia solo un arrivederci per questo tipo che veramente per la Lazio ha sudato, corso, fatto di tutto. E questo dovrebbe già essere un bollino di qualità ineludibile. Ma Lulic forse meritava ancora qualcosa di più: veramente rappresenta qualcosa di unico. E non lo abbiamo salutato allo stadio, lo stesso stadio che poi abbiamo visto con i tifosi per l'Italia, in barba a qualsiasi variante Delta. Lo stesso stadio che avrebbe celebrato il suo upgrade da giocatore votato alla causa a totem, leggenda del club. Il calcio è così, un promemoria fatto sport di come alcuni istanti nella vita, nel lavoro o nello sport siano semplicemente angolari. Un tocco, e Lulic è entrato nella storia del suo club. Questo non gli ha impedito di andare via con un certo rammarico, ma la narrazione di quel 26 maggio, di tutto quello che è successo prima, dopo, è talmente forte, vivida, che andrà oltre perfino alcune recriminazioni (legittime o meno). 

    I MECCANISMI DELLA MEMORIA - Alla fine, il mondo dell'uomo è strano. Si dice che i muscoli abbiano memoria, e al nome di Lulic molti muscoli reagiscono in maniera istintiva, uno spasmo, uno scatto verso l'alto, una contrazione di pura gioia. Si dice che il cervello abbia la sua parte nelle questioni di sentimenti: al nome di Lulic si accende in una specie di istintiva danza. Si dice che anche l'amore, alla fine, possa finire. I contratti possono di certo: incontrare Lulic in quel ricordo che è oggi, è ora, è 26 maggio, non finisce. Semplicemente non finisce, va oltre i legittimi concetti di spazio, tempo, luogo. In una sorta di istintiva danza, torna continuamente nei muscoli, nel cervello e nel cuore il suo 26 maggio. Il primo giorno senza Senad Lulic. Si saluta l'uomo, ma non si può dire addio ad una leggenda.

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