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Laziomania: Grazie, Radja Nainggolan
Meno male che Nainggolan, già in macchina, pronto a concludere la sua giornata tra un verso di Mallarmè e una riflessione sui destini incrociati di Calvino, ha scelto di pacificare la situazione scottante aggiungendo la frase dal sapore vagamente tibetano: "Odio la Juventus". Poi, in versi elegiaci, ha aggiunto qualcosa su rigori, aiutini, e una sua esperienza di vita toccante con la maglia del Cagliari.
Se la Raggi oggi dovesse cadere a Roma, per il posto di sindaco sarebbe un plebiscito schiacciante.
Poi la giusta rifinitura, il completamento dialettico ideale del pensiero, spinto dalla sete maieutica dei suoi interlocutori, veri e proprio discepoli traboccanti di umano calore, intenti a ricordare un momento felice e ideale: "A noi ce brucia eh, a noi ce brucia".
Chiaro il riferimento al 26 maggio, la finale contro la Lazio che ha scolpito nel marmo della colonna Traiana una nuova generazione di sconfitti. Mentre nel cielo dei serafini intonano un coro alle beatitudini di quel giorno fausto, il Ninja, indicandosi più volte il petto con fare messianico annuncia ai festosi adepti: "Te lo dico io, te lo dico. Le partite con la Lazio le vinciamo tutte e due".
Poi, dopo aver lasciato agli astanti il sigillo indelebile di raffinata altezza dialettica per sempre dentro, come fosse un novello maestro d'eleganza, può tornare finalmente a comporre toccati elegie sulla partita persa dal Cagliari (non allo Juventus Stadium, giammai), struggendosi d'amore al sol pensiero che la Roma possa vincere tutti e due i derby in semifinale, con la granitica certezza che anche Questo sia quello che nella Capitale, in certi circoli letterari, sovente chiamano: l'anno buono, un chiaro rifacimento alla poetica evoluta della tarda Scapigliatura.
Nel mentre i tifosi della Lazio aspettano. Sanno che la vita è strana, il calcio ne segue a memoria le storture e le ambiguità, ne imita i risultati improvvisi, diversi dalle attese. E nel frattempo recitano, aspettando, come se fossero un mantra, una cosa che devono ricordare meglio del loro nome, che forse ci sarà anche occasione di ripetere ad alta voce, un giorno "Te lo dico io, te lo dico. Te lo dico io, te lo dico".