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    Laziomania: Dio salvi lo Sparta Praga

    Laziomania: Dio salvi lo Sparta Praga

    "Ogni impiegato ha la sua nuvola personale. Sono nuvole maligne che stanno in agguato anche quattordici mesi, ma quando vedono che il loro uomo è in ferie o in vacanza gli piombano sulla testa scaricandogli addosso tonnellate di pioggia fitta e gelata": in ferie, o in vacanza. Più o meno come la Lazio. Dio salvi lo Sparta Praga, ovvero il doppio ultimo avversario biancoceleste: che se il campionato che aspetta la Lazio da qui alla fine è like a Sassuolo-match, di questa Lazio non resteranno nemmeno belle rovine.

    C'era una trottola che girava, in un film di Di Caprio, che non ha vinto immeritatamente l'Oscar. Contro i Di Francesco Boys, la Lazio ha tenuto campo e partita finché il campo era praticamente uguale a quello famoso di Fantozzi, stagno e santi sopra la traversa compresi, e la partita era poco calcio, e tanto altri sport acquatici. L'opinione diffusa, tra i pochi (da lodare oltremisura per la presenza), che ieri popolavano l'Olimpico, parla chiaro: dei presenti, pochi, pochissimi, che hanno sfidato la pioggia, e l'anti-estetico impianto di gioco biancoceleste, molti hanno gridato alle dimissioni di Pioli. Il quale avrebbe visto, con qualche richiamo alle allucinazioni fantozziane, "uno dei migliori primi tempi della stagione".

    Chiaro, in una galleria degli orrori, tra tutti i primi tempi di una mala stagione: in questi momenti forse bisognerebbe evitare categorie come migliore, bello, buono, o richiamare valori quali dignità, o concetti tipo "onorare la stagione". Qui non si tratta di onorare la stagione, o di chiudere il campionato con dignità: proprio tu, Stefano Pioli! Non lo hai capito fino in fondo: insegnare l'inno ai giocatori è stato sicuramente un esperimento sociale interessante, ma forse dovrebbero cantarlo, ricordarselo, ad ogni santa partita che Dio manda sul calendario. In gioco c'è più della dignità, e dell'onore, che sono solo parole se manca poi la controprova del campo: in gioco c'è qualcosa di più, che va al di là del risultato sportivo. Se non ci si ficca in testa che l'azienda-calcio conterà pure, ma non si può prescindere sempre e comunque dai tifosi, che quando si fanno errori, chiunque li faccia, poi si deve pagare un prezzo (non solo i giornalisti, non solo Pioli), e chi più sbaglia, più in alto sbaglia, più lo paga alto, questo prezzo; se non si crede veramente che deve diventare un fulcro del nostro sistema calcio non il pieno di diritti televisivi, ma i vecchietti e i bambini che popolano altri stadi, tedeschi e inglesi, nonostante il caro prezzi osceno (lo sanno bene al Liverpool, dove i tifosi per protesta hanno lasciato in blocco, al 77', gli spalti), finché non si capisce questo, baby delle barriere e dei controlli ossessivi, allora il risultato sarà sempre questo (e si, quanto detto è Sognismo puro, un sogno vero).

    Uno stadio vuoto, di lunedì, una squadra che si arrende, un Sassuolo che gioca da grande squadra in casa di chi è stato grande squadra e non lo è più. Il concetto è semplice: il Sassuolo investe bene, sui giovani, sulle strutture, sul mister, gioca un calcio piacevole, ha studiato una partita per colpire al calo della Lazio, in contropiede, e nonostante il fantozziano stato del campo ha colpito, e avrebbe potuto colpire ancora.Il concetto è semplice: ora il Sassuolo è superiore alla Lazio, punto. E sta al settimo posto, mica lotta per i primi 3 (ah, era l'obiettivo stagionale, davvero?)

    Dio salvi lo Sparta Praga, e ci salvi dalla nuvola degli impiegati, che non diventi nebbia, togliendo orizzonte e sciarpa dal collo di chi salverà il calcio. Vecchietti, e bambini, senza nuvola personale. Pensaci, come sei arrivata qui, diceva il neo finalmente premio Oscar Di Caprio, in un film immeritatamente non premiato. Pensaci, e lo diceva per spiegare la differenza tra realtà e sogno, o incubo. Ed era una trottola che girava, e girava, e girava all'infinito, a certificare che di sogno, o di incubo, si trattava. E questa trottola continua a girare, quando gioca la Lazio, gira, gira. E no, non era un sogno. 

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