Sotto il cielo sporco di Roma giocano in un campo piccolo, nella casa famiglia immensa che li ospita, tra alberi tagliuzzati per rinascere, e storie immense sulle spalle. Sono egiziani, se Roma già respira a pieni polmoni l'aria di Derby, qui non esiste stracittadina, per due motivi: tutti vogliono andare via, in Svizzera, in Germania. E c'è un solo dio qui, Mohamed Salah, con El Shaarawy a fare al massimo da contraltare. Il più forte me lo indicano, assomiglia a Witsel, stessi capelli, stessi ricci dello stesso colore. Ma lui ha in testa solo Salah, capisce che lo stiamo guardando, scherza con il pallone, lo sfiora, lo tiene piu tempo del dovuto saltando il diretto avversario. Vicino al campo, passamontagna a coprire i baffetti timidi, un ragazzo di 17 anni. Nessuno aveva capito da dove veniva, dice l'educatore. È afgano, ha viaggiato per due giorni legato sotto un camion, senza mangiare, senza bere. E la Lazio gioca il lunch match, già nel nome sinonimo di fastidioso impegno doppio occidentale, pranzo e partita. Ad una settimana da derby, a 17 anni, con il passamontagna, come un ninja, dice, e ride, senza sapere neppure che "Ninja" è il soprannome di Nainggolan. Sono turbolenti, non rispettano nessuno, vogliono tutti andare via. Sospira l'educatore. Una volta hanno dovuto perfino chiamare la polizia, quando le rivalità, i piccoli screzi, diventano qualcosa di più grande, una maxirissa pericolosa, come l'aria di sogni interrotti che respirano di continuo, tesa come corde di cuore allungate, tra case a cui dovrebbero mandare soldi, e mercanti di uomini. Ma ora danza sul pallone un piccolo Salah, lo toccano duro ma continua, la passa, la riceve ancora. Anche Keita qualcuno lo conosce, la sua anima senegalese ne fa un idolo per chi sta sognando forte una vita che non sia un campo stretto,tra alberi spezzati, il cielo sporco di Roma, e un'aria di Derby che qui non filtra. Del Derby c'è solo un pallone, tra i piedi sognanti di un piccolo Salah, lo marca stretto un altro ragazzo, capelli alla Felipe Anderson, doppio taglio violento. Crea sempre problemi, l'educatore ammette. Non lo accettano in classe, non riesce ad entrare in nessun gruppo, nessuno gli chiede di uscire, perché abita qui, tra la prima accoglienza e un lago nero di cigni affamati. Qui, sotto un cielo sporco, tra rami spezzati e ragazzi troppo grandi, ed un pallone che danza tra i piedi, ad una settimana da un derby che qui non esiste, che qui è negato, come fosse un altro sogno che a loro non è assolutamente permesso sognare. Ogni tanto fumano in camera, non possono, ma lo fanno lo stesso, dice l'educatore. Ogni tanto sognano anche, non possono, ma lo fanno lo stesso.