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Laziomania: come guardo Candreva oggi
Candreva va via, nel cagnesco sguardo generale d’insieme su un’avventura che, al netto di un rendimento alto, corsa, km spesi, e gol, alcuni tifosi neppure ritengono del tutto soddisfacente. O meglio: alcune cose non sono andate giù, tipo un certo gesto dopo un certo gol. Di fondo ha sempre trasformato le critiche in applausi, anche convinti, come quando tirò un missile bagnato di pioggia in un famoso derby: anche la verbosità di Pastorello, continuamente impegnato in seriose orazioni sulla futura destinazione di Candreva, sono state accolte da grida di rabbia e rabbiosi ricordi che affiorano.
Qualcuno pensa ad un calcio che non c’è più, qualcuno ricorda quando Candreva voleva diventare una bandiera, qualcuno ripensa alla fascia da capitano. Qualcuno, come il sottoscritto, non lo guarda neppure in cagnesco, ma con malinconia sì, e molta: come si guarda qualcosa che ha fatto sperare, gridare, sognare, qualcosa a cui sono legate rabbie, delusioni, amori. Come uno che il nome di Candreva l’ha gridato dopo ogni gol, come prima aveva urlato Hernanes, oppure perfino Kolarov e Lichtsteiner (con più difficoltà di pronuncia corretta) e aveva addirittura sperato che Iannuzzi facesse gol su punizione con la Lazio per tutta la carriera. Forse questa storia del professionismo non ci andrà mai giù, o forse è questa storia che si può andare via pure guardandosi in cagnesco, che ci ammazza tutto il romanticismo.