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    Laziomania: a Bologna la Lazio non sa davvero cosa fare (e Sarri nemmeno)

    Laziomania: a Bologna la Lazio non sa davvero cosa fare (e Sarri nemmeno)

    • Luca Capriotti
    Tutti lo sapevamo che a Bologna sarebbe stata durissima, tranne la Lazio dei primi 4 minuti del secondo tempo. Di fatto è stata l’ennesima lezione: in Serie A, in ciabatte non si può nemmeno rientrare dagli spogliatoi per 2 minuti un po’ svampiti. E poi, l’altro grande insegnamento: se il Bologna fa una grandissima partita di qualità, applicazione, solidità, agli uomini di Sarri non basta farne una buonina per portarsi a casa qualcosa che non sia l’ennesima sconfitta di questa stagione. E senza sapere davvero cosa fare per rimediare.

    LA VERA PECCA DEL GIOCO DI SARRI - Questa stagione ci sta insegnando insenature e rilievi del gioco di Sarri. E ce ne sta illustrando i difetti se alcuni ingranaggi storpiano il meccanismo generale. In questo momento, a vuoto girano gli esterni d’attacco: Zaccagni e Felipe Anderson preoccupano per il vuoto che generano, e Pedro sembra essere d'accordo con la loro nulla proposta. In generale, la Lazio fa un buon primo tempo e recupera tantissimi palloni. E qui entra il difettaccio di questa Lazio. Se recuperi così tanti palloni, e non riesci a creare palle-gol, vuol dire che qualcosa va storto. Pur con la difesa avversaria scoperta e in uscita, la Lazio non riesce a creare tanto. E questo è mortificante: Castellanos (fa solo questo, aguzzate l'orecchio) ha la palla buona di testa e se la fa respingere dalla traversa e da quell’arbitro romano, che praticamente fischia solo quella spinta, e nessun’altra. Il tema è chiaro: se nemmeno con la squadra aperta riesci a renderti pericoloso, come farai appena si chiudono? E infatti, a Bologna chiuso, il dramma. La vera pecca di questa Lazio? Non sa più cosa fare. Tutti gli automatismi sembra annoiare e risultare già visti, triti. E Sarri non sembra in grado di inventarsi qualcosa di nuovo, se non qualche lieve cambio di persona. 

    CONTRO IL FORTINO NIENTE - Quando la squadra avversaria fa il fortino, la Lazio soffre terribilmente e diventa noiosa da morire. Gli uno contro uno diventano sterili, la frustrazione sale, le ansie pure. Il Bologna si chiude benissimo, trascinato da uno straripante Zirkzee (la punta che serviva? L’ho detto). E la Lazio indulge in quell’onanistico e speranzoso possesso palla lunghissimo. Nei fatti, si crogiola nella speranza che qualche spazio si apra, che qualcuno faccia un buon movimento. Un divenire che non diviene mai:  forse è questa la miglior definizione di tutto quel potenziale che resta spento, inutilizzato, inutile. Sarri stavolta non riesce a cambiarla nemmeno con la Lazio B. Kamada inanella l’ennesimo ingresso in campo morbido e avvolgente, tipo quelle marche di detersivi ammorbidenti con l’orsetto. 

    CHI ENTRA FA PEGGIO DI CHI ESCE - Zaccagni entra talmente male che viene da sperare che l’arbitro lo butti fuori quando scalcia Posch, e purtroppo niente, tocca vederlo fino alla fine. Immobile entra speranzoso, e non fa un emerito niente, che è comunque meglio di Zaccagni. La presenza contemporanea in campo di Kamada e Luis Alberto sembra quasi facilitare il Bologna, che può fare quello che ha fatto bene, oltre a proporre un’ottima partita: farsi sentire fisicamente, far sentire la presenza. E la Lazio, in maniera veramente ingenua, per tutta la partita finisce a terra, invoca un fallo che, con una grande coerenza, dopo averlo fischiato a Castellanos il romano non fischia mai più. 

    Perfino all’ultima azione Isaksen, un altro che sembra molto in confusione e sembra spaesato e poco inserito, si getta a terra speranzoso. Speranza: che finisca presto, che l’arbitro fischi qualcosa, che qualcuno si inventi qualcosa, di non vedere più sconfitte, che si apra qualche spazio o magicamente il Bologna, in preda ad una paralisi collettiva, ci faccia segnare. Tutte speranze disattese: questo è il riassunto perfetto della Lazio a Bologna. Una continua speranza disattesa.Senza sapere bene cosa fare per rimediare.

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