Lazio:| Una squadra senza frontiere
E' una Lazio poliglotta, multietnica e senza frontiere, quella che cercherà spazio in Europa. Nello spogliatoio biancoceleste predomina lo spagnolo ma si parla tanto anche il portoghese e l’inglese, la lingua universale di quasi tutti gli sport. Se non fosse che il calcio vive anche di un linguaggio spesso codificato, per l’allenatore Edy Reja, servirebbe un interprete in mezzo al campo. Di sicuro per qualcuno, soprattutto quelli nuovi che conoscono ancora poco l’italiano, emergono delle difficoltà nel comprendere le indicazioni tattiche. Ma c’è sempre qualche calciatore pronto a tradurre le parole del compagno che vuole farsi capire dal tecnico e dal resto del gruppo. Il bello e il brutto del calcio globalizzato e delle società più importanti, attrezzate e ambiziose che vogliono darsi una dimensione internazionale, quella che comunque occorre per raggiungere gli obiettivi più prestigiosi. Nella Lazio, Italia compresa, sono 14 i Paesi rappresentati: quasi un record assoluto.
La parte predominante spetta all’Argentina, con Bizzarri, Scaloni, Ledesma e Zarate, seguita dal Brasile con Dias, Matuzalem ed Hernanes. Ma, a parlare lo spagnolo sono anche l’iberico Garrido e l’uruguaiano Gonzalez, presenze che giustificano il dominio di questa lingua. Una tradizione dello spogliatoio di Formello che affonda le radici ai tempi del presidente Sergio Cragnotti. I francesi sono due e dividono la stanza nei ritiri, anche per facilità di comunicazione: Diakitè e il nuovo arrivato Djibril Cissè. Poi c’è un vasto panorama di altre nazioni che sono presenti a Formello con un solo calciatore. Quest’anno ci sono state diverse novità: la Germania con Klose, l’Albania con Cana, la Lituania con Stankevicius (una novità assoluta per Formello, che mai aveva ospitato un calciatore lituano), la Bosnia con Lulic e il Senegal con Konko. Facevano, invece, già parte del gruppo storico il nigeriano Makinwa, il romeno Radue il giovane esponente della Repubblica Ceca, Libor Kozak. Insomma,lo spogliatoio di Formello, propone un quadro geografico molto ampio che va dall’Europa Occidentale a quella Orientale, fino al Sud America dove la Lazio, proprio in virtù dei tanti calciatori argentini, uruguaiani e brasiliani, che hanno indossato e indossano la maglia biancoceleste, gode di una capillare e sempre più crescente e importante popolarità. E’ evidente che una squadra multietnica, come quella laziale, può anche diventare una risorsa culturale con professionisti che, oltre che parlare lingue diverse, professano anche religioni e abitudini differenti. Una ricchezza di esperienze e testimonianze di vita da scambiarsi fra calciatori che lavorano e giocano per gli stessi obiettivi e che portano nel mondo sportivo il loro vissuto. Qualche difficoltà esiste soprattutto per i tecnici che devono parlare, insegnare e farsi capire bene dai ragazzi. Emblematiche quelle capitate a Delio Rossi con il serbo Kolarov che, appena arrivato nel ritiro austriaco, non capiva una parola d’italiano, né i movimenti che doveva fare in campo. Ma anche questi problemi rientrano nel lavoro quotidiano di quanti sono chiamati ad allenare squadre di livello internazionale, dove militano interpreti e campioni di diversi continenti. La Lazio che aspetta di conoscere il prossimo avversario per i playoff di Europa League ha già il piccolo vantaggio di conoscere la lingua di tanti Paesi presenti nell’urna del sorteggio.
(Il Messaggero)