Lazio, riassunto e bilancio della sessione estiva: tifosi sconcertati dall'operato di Lotito
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CHI È ANDATO VIA – Che ci sarebbe stato un ridimensionamento il pubblico biancoceleste lo aveva capito sin dai primi giorni. La società in realtà insiste a non voler sentir pronunciare quella parola, definendo quello intrapreso quest’anno un percorso di riorganizzazione e ringiovanimento della rosa. Fatto sta che, dopo Milinkovic-Savic un anno fa, questa estate la Lazio ha definitivamente smantellato tutta la vecchia guardia, che aveva fatto le fortune del club fino all’anno del secondo posto conquistato da Sarri. Hanno salutato subito o quasi tre simboli indiscussi della squadra come Luis Alberto, Immobile e Felipe Anderson. Non è stato confermato Kamada (uno dei motivi per il quale Tudor ha deciso di non rimanere in panchina) e nel finale hanno salutato anche Casale e Cataldi. A questi si sono se non altro aggiunti alcuni esuberi che hanno alleggerito il bilancio di diverse zavorre: per Sepe non è stato rinnovato il prestito, Adamonis è andato al Catania, Raul Moro al Valladolid, Kamenovic all’Yverdon in prestito, così come a titolo temporaneo si sono trasferiti anche Marcos Antonio (San Paolo), Cancellieri (Parma) e Fares (Panserraikos). Per alcuni sono previsti diritti o obblighi di riscatto, altri torneranno tra un anno, come il giovani ex Primavera Sana Fernandes, andato a giocare al NAC Breda. Ha salutato invece definitivamente Federico Magro, passato ieri, a pochi istanti dal gong, al Verona.
CHI È ARRIVATO – Nonostante la tristezza per gli addii pesanti, le prime settimane erano state comunque promettenti per la piazza. Tchaouna, Noslin, Dele-Bashiru sono stati chiusi subito e presentati come giovani in rampa di lancio, per consacrarsi in biancoceleste, mentre si lavorava sui colpi che avrebbero dovuto rimpiazzare i calciatori importanti andati via. L’attesa per scoprire chi fosse il “dieci volte più forte di Greenwood” sbandierato da Lotito, dopo che la trattativa per l’inglese, nonostante la fiducia di Fabiani per una buona riuscita, era saltata (per scelta del calciatore), ha presto lasciato spazio alla consapevolezza che di profili altisonanti questa estate non ne sarebbero arrivati. Nuno Tavares e Castrovilli, sono i due elementi di maggior spessore sulla carta, ma per ragioni diverse cercano entrambi un rilancio personale, dopo anni difficili. Anche loro quindi, nonostante il curriculum, sono considerate scommesse. Idem Dia, che in carriera ha giocato una semifinale di Champions League, ma viene da un anno da fuori rosa alla Salernitana. Se fino a questo punto c’era però ancora l’impressione che si stesse seguendo un’idea ben precisa, la chiusura del mercato ha lasciato sconcertati gran parte dei laziali. Per sostituire Casale, la scelta è ricaduta sul 31enne del Marsiglia, Gigot. Un’abiura della politica di ringiovanimento della rosa portata avanti per due mesi, seguita da un definitivo abbandono di tutte le altre piste per un colpo finale a centrocampo, dove nel frattempo Cataldi era stato messo alla porta.
COSA SERVIVA - L’aver visto ieri sera il ds Fabiani seduto in tribuna al Fersini di Formello per assistere al derby della femminile, invece che essere operativo, magari a Milano, nella sede principale delle ultime trattative, non è stato certo d’aiuto per tenere sotto controllo il malcontento della gente. È vero che ormai gli affari si fanno al telefono e al computer e da diversi anni una sede fissa per gli eventi conclusivi del mercato è meramente simbolica. Ma nell’immaginario collettivo i simboli hanno un significato. La Lazio aveva bisogno di aggiungere almeno una pedina di qualità a centrocampo o sulla trequarti, ma non è arrivato nessuno. Anzi è andato via anche un elemento che, oltre all’attaccamento alla maglia dimostrato, benché scivolato indietro nelle gerarchie avrebbe comunque fatto comodo a mister Baroni nelle rotazioni. Serviva inoltre trovare una soluzione per le liste della Serie A e dell’Europa League, visto il soprannumero dei giocatori non inseribili tra gli under 22. Hysaj invece è rimasto, così come Pedro e gli altri esuberi che non hanno trovato sistemazione. Entrambi sono a forte rischio taglio (il terzino albanese da tutte le competizioni, l’ala spagnola solo dalla coppa), ma i loro stipendi continuano a pesare sulle casse della società, eppure pubblicamente Lotito non perde occasione di fare della gestione oculata delle risorse e dei bilanci in ordine un motivo di vanto del club. Il monte ingaggi in ogni caso è stato complessivamente ridotto del 20%, perché era necessario rientrare nei parametri imposti dai nuovi regolamenti, che mettono un tetto agli emolumenti non oltre l'80% dei ricavi della società.
CHI È RIMASTO E CHI NON È ARRIVATO – “I migliori affari sono quelli che non si fanno”, sostiene il direttore sportivo Fabiani. Un principio già di per sé discutibile, secondo molti tifosi, e che comunque può valere solo per i mancati colpi in entrata. Non può essere un merito infatti non aver trovato soluzioni per Akpa Akpro, Basic (per il quale c’è ancora uno spiraglio in Croazia, con l’Hajduk Spalato), André Anderson, Diego Gonzalez e dei due già citati Hysaj e Pedro. Tra i non arrivati invece, a parte Greenwood, di cui si è già detto, bisogna comunque fare una cernita tra tutti i nomi accostati in questi mesi ai biancocelesti. Alcuni si sono rivelati in realtà solo dei rumors: James Rodriguez, Chiesa, Pinamonti e Casadei non sono mai stati presi seriamente in considerazione. Altri invece non hanno avuto sviluppi oltre gli iniziali interessamenti: Vitor Roque (doveva essere lui l'alternativa a Greenwood) costava troppo, Laurienté sarebbe stato un doppione di Tchaouna, Simeone era ritenuto già troppo in là con gli anni. Nelle prime settimane di luglio si era parlato anche di Colpani e Cabal (quest’ultimo all’interno della trattativa col Verona per Noslin); col passare dei giorni si è aggiunto Samardzic, per regalare al pubblico un erede di Luis Alberto. Poi via via i vari Doig, Cambiaghi, Badzar, fino ai più recenti Alcaraz, Arthur e Barrenechea, tutti abbandonati perché ritenuti troppo complicati da raggiungere rispetto alle reali necessità della squadra. Ieri sera inoltre nel giro di un'ora è sorta e tramontata l'ipotesi Faraoni col Verona (scambio con Akpa). Escludendo questa appendice però, l’ultima vera querelle è stata quella di Folorunsho finita dopo dieci giorni di chiacchiere con il mancato accordo col Napoli, annunciato direttamente dal procuratore Giuffredi. De Laurentiis si è impuntato sull’obbligo di riscatto, mentre Lotito pretendeva solo un prestito con diritto, a costi peraltro più bassi rispetto ai 12 milioni chiesti dai partenopei. Interessi divergenti, che fanno parte delle normali dinamiche di mercato e sui quali non si è trovato un compromesso. Nulla di clamoroso. Solo che ora la Lazio si ritrova una rosa con la voce prodotti del vivaio ferma a 0. Non esattamente l’ideale per un club che punta ad auto-sostenersi e a seguire i modelli dell’Atalanta e del Bayer Leverkusen. Certo, aver avuto una Primavera per diversi anni nel recente periodo relegata al campionato di seconda serie non ha affatto aiutato a produrre elementi utili per la prima squadra. Ma questa è un’altra storia.