Lazio:| Ora torniamo umili
Si può perdere una partita, e a maggior ragione una partita particolare come il derby della Capitale, per l'episodio fortuito, il palo spulciato, il gol rubacchiato all'ultimo gong, il gol di coscia, il tacchetto involontario, si può perdere così, come alla Lazio è accaduto per due volte lo scorso anno. Certo che si può. Ma la marcia di apnea indignata, esterrefata, incredula, quella che ha accompagnato tutti i tifosi laziali fuori dall'Olimpico ieri pomeriggio, chiedendosi il perché di una conduzione arbitrale della gara così sbilenca e sfalsante, subire questa beffa non è giusto. Persino i romanisti più sobri l'hanno ammesso, imbarazzati. Non è giusto perdere per due rigori concessi in modo a dir poco generoso, non è giusto vedere le giugulari dei giocatori laziali gonfiarsi di rabbia per un rigore enorme ed enormemente negato, e non è giusto osservare la palla del risarcimento, del giusto riscatto, della redenzione agonistica di un piccolo misfatto calcistico, stamparsi violentemente contro la traversa.
Se l'etica sorvolasse ogni tanto sui campi da gioco, boccerebbe per amoralità lo 0 a 2 di Lazio-Roma. Ieri, oltre alla fortuna, è mancato l'arbitro, non il coraggio. Volendo copiare il ragionamento che a parti inverite avrebbe fatto il romanista medio, ci sarebbero indizi sufficienti per sostenere che qualcuno ha voluto dare una mazzata sul cammino della capolista per favorire il ritorno delle solite grandi 'nordiste', finora costrette a inseguire la Lazio dalla terza giornata di campionato. Il tifoso laziale, però, per natura possiede un senso della dignità, e dunque è poco incline a lasciarsi andare a dietrologie e complottismi che lascia volentieri all'altra metà del cielo calcistico romano, abituato a condire sconfitte e insuccessi col condimento autoassolvente del vittimismo.
Diciamo che l'arbitro, il signor come-si-chiama, è incappato in una giornata storta (la stessa, si dica per onor di cronaca e cronaca dell'onore, che ha fatto annullare un gol alla Roma nel primo tempo): peccato, perché lo spirito sportivo, che non dimora nell'animo del tifoso e perciò nemmeno nel mio, avrebbe detto che un pareggio sarebbe stato il risultato più equo, vista la Lazio più mollacciona del campionato e una Roma non certo spumeggiante. Adesso la prima squadra della Capitale è attesa dalla prova più semplice e difficile: non perdersi d'animo, continuare a lavorare e giocare con la stessa mentalità che ieri l'aveva portata capolista all'Olimpico e capolista l'ha lasciata. Umiltà, lavoro, concentrazione, grammatica dei piccoli passi. Anche nello scorso campionato il rigore fallito da Floccari nel derby aveva aperto una settimana da doppio incubo (la Lazio retrocessa, la Roma scudettata) che fortunatamente si spense subito la domenica appresso. Adesso i giorni utili a preparare il riscatto sono tre, a Cesena c'è una pagina tristanzuola da chiudere in tutta fretta, per riprendere serenamente la corsa di un campionato comunque strepitoso.
(Il Tempo)