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    Lazio, le dimissioni di Sarri sono un atto di lealtà: lui criticava i giocatori  e loro l'hanno rigettato

    Lazio, le dimissioni di Sarri sono un atto di lealtà: lui criticava i giocatori e loro l'hanno rigettato

    • Gianni Visnadi
      Gianni Visnadi
    Non ci sono solo i risultati negativi dietro le dimissioni di Maurizio Sarri dalla Lazio. Quelli, semmai, potevano essere sufficienti a Lotito per prendere una decisione tanto comune ad altri presidenti: 4 sconfitte consecutive, 5 nelle ultime 6 partite, ma Lotito non è come i suoi colleghi, lui i soldi raramente li spende a vuoto, quando li spende, e Sarri aveva il contratto (4 milioni netti) anche per la prossima stagione. Ci ha pensato l’allenatore a togliere il disturbo, facendo risparmiare al presidente sforzi e fatica.

    Questione di risultati, ma soprattutto di rapporti. Brutti, ormai logori. Fra Sarri e il presidente, ma probabilmente più ancora fra Sarri e i giocatori. E dall’alto della tribuna, da dove ha guidato da squalificato la Lazio per l’ultima volta contro l’Udinese, Sarri deve essersene reso conto. Colpa del mercato, chiuso a campionato cominciato e non giudicato soddisfacente dall’allenatore, e colpa dei giudizi sull’organico che Sarri ha più volte espresso pubblicamente per giustificare un insuccesso. Concreta la possibilità che qualche giocatore “C” o “D” arrivato al posto di “A” abbia trovato il modo per fargliela pagare.

    Le dimissioni, in un momento privato anche non semplice, sono al tempo stesso un segnale di resa ma soprattutto un atto di lealtà. C’è da scavare a fondo negli archivi per trovare altri precedenti. La memoria restituisce il caso di un altro toscano, l’interista Orrico nel 1992, altri ce ne saranno sicuramente, ma non molti, c’è da giurarci. E non a questi livelli e a queste cifre. Normalmente, la regola è farsi anche umiliare, prima di rinunciare al certo dell’ingaggio. Di sicuro, Sarri ha patito anche la contestazione di parte della tifoseria, che prima del rovescio contro l’Udinese era certamente compatta dalla sua parte contro il presidente.

    Reduce dal secondo posto, la Lazio ha fallito il salto in alto, non tanto allo scudetto, quanto alla possibilità di restare fra le grandi squadre italiane. Eppure è in semifinale di Coppa Italia (il Milan no, per esempio) e ha passato il girone di Champions (il Milan di nuovo no). La luce si è spenta a Riad. Dalla semifinale di Supercoppa strapersa con l’Inter, la Lazio ha avuto come unico sussulto l’andata col Bayern, giocata non “alla Sarri”, ma portata a casa grazie a un rigore segnato da Immobile nel finale. Sarri ha parlato troppo spesso di organico non all’altezza per la densa stagione della Lazio, perché dallo stesso organico venisse un rigetto. Non deve essere semplice lavorare con lui, molto più complicato e faticoso che con altri allenatori.

    Adesso arriverà qualcun altro (davvero Rocchi?) con l’unico obiettivo di preparare la semifinale con la Juventus, in fin dei conti ancora un bel modo per salvare la stagione. Sarri lascia in eredità a Roma tante polemiche, il secondo posto che nessuno pare avere voglia di ricordare (eppure parliamo della Lazio, non di un club abituato a vincere), e il gesto delle dimissioni, che passerà oltre la cronaca e verrà ricordato a lungo nel nostro calcio.

    @GianniVisnadi

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