Lazio, addio Europa:| Che brutta figura!
Si allontana l'Europa biancoceleste e sorride al grande ex Simeone, che impartisce una lezione di tattica e di gioco a una Lazio dimessa, mai in partita, giustamente sconfitta e quasi fuori dalla competizione. Non bastano le assenze, seppur importanti, a giustificare la pesante debacle della squadra di Reja che schiera una difesa improponibile a livelli internazionali. Macchinosa, lenta, distratta, incapace di tenere botta contro gli avanti spagnoli. Una pochezza da rabbrividire. Senza Dias e Radu, il tecnico deve rinunciare anche a Lulic, che Candreva fa parecchio rimpiangere. Non basta neanche il vantaggio realizzato da Klose (con azione viziata da un fuorigico di Gonzalez), pronto a ribadire in porta una corta respinta del portiere, a dare un senso concreto alla serata, perché la Lazio è sempre in balia dell'Atletico, apparso molto superiore sotto tutti gli aspetti: fisico, tattico, tecnico, motivazionale. Complimenti a Simeone che ha rivitalizzato la formazione, garantendole organizzazione, personalità, idee, carattere, capacità di occupare gli spazi, efficacia sotto porta. Copertura totale del terreno, centrocampo elastico e molto mobile, punte abili nell'attaccare gli spazi per dettare il passaggio.
Il primo tempo dell'Atletico è quasi perfetto perché impugna il match con la necessaria determinazione e aggressività, spreca due occasioni, va sotto, reagisce e rimonta con agio assoluto. Una prova da grande squadra, di spessore internazionale, che costruisce emerita il netto successo dimostrandosi superiore nei vari reparti. Il 3-1 è comunque platealmente favorito dalle amnesie difensive perché da Konko a Biava, da Diakitè a Zauri, nessuno chiude quando il pallone arriva dalle parti di Marchetti. Ogni azione diventa un pericolo, con Falcao autentico spauracchio e mattatore della sfida. Il centravanti colombiano mette lo zampino nel pareggio, firma gli altri due gol, fa vedere le streghe agli avversari. A complicare i piani tattici di Reja contribuisce anche la posizione di Diego, agile e rapido nel galleggiare tra le linee, forzando con facilità il dispositivo biancoceleste e mai marcato a dovere. Il brasiliano, che avvia il raddoppio e anche la terza rete, spreca pochissimo ed è sempre nel vivo della manovra, un protagonista della serata. La Lazio, però, nonostante i problemi, non riesce mai a fare la partita ed è costretta a subire quasi sempre l’iniziativa. Questa volta le manca pure il cuore, una resa incondizionata, che stona con l'importanza dell’impegno, con l'attesa del popolo biancoceleste, con le ambizioni del club.
Il canovaccio non cambia neppure nella ripresa, quando Kozak rileva Gonzalez, perché Simeone chiede ai suoi di continuare ad attaccare. L'Atletico gioca palla a terra con il portatore che ha sempre due-tre compagni a cui servirla, fraseggi stretti presidio delle fasce, movimento continuo. La Lazio, invece, appare troppo lenta, ferma sulle gambe, senza soluzioni in fase propositiva, impalpabile, rassegnata, zero costrutto, messa all'angolo nella propria metà campo. Davvero una pessima figura, una prova opaca, la peggiore della scadente avventura europea di questa stagione. Tanto bella e concreta in campionato, tanto brutta e inconcludente in Europa. L'organico, nonostante i proclami societari, ha pochi elementi di caratura e il conto arriva salato, presentato senza sconti dall'amico Diego Simeone. Dopo aver superato il girone con pochissimi meriti, la formazione di Reja deraglia contro il primo avversario di lignaggio internazionale, confermandole carenze che il mercato invernale non ha colmato. L’ammirevole pubblico dell'Olimpico incita a lungo la squadra ma, alla fine, comprensibilmente deluso, fischia e contesta fortemente Lotito. Resta solo il campionato ma, soprattutto, restano tanti, troppi, rimpianti.
(Il Messaggero)