Non avvenne una tentata estorsione. Nessuna associazione a delinquere. Niente diffamazioni e minacce a pubblico ufficiale. Neanche le accuse di danneggiamento e istigazione a delinquere. La tentata estorsione invece si riferirebbe alle pressioni, non riscontrate dai giudici, messe in atto da alcuni imputati ai danni della società biancoceleste. I pm sostenevano infatti che gli ultras avessero cercato di far affidare la gestione dei «Lazio Point» alla società «Original fans», che sarebbe riconducibile ai responsabili del gruppo «Irriducibili Lazio». I tifosi - come riporta Il Tempo - erano accusati anche di aver cercato di estrocere denaro per l’allestimento di una coreografia di un derby. Non da ultimo, la procura contestava agli imputati anche il tentativo di farsi affidare l’organizzazione delle trasferte dei tifosi nelle competizioni europee e la gestione della sicurezza interna all’Olimpico. Al momento del rinvio a giudizio inoltre, il gip aveva già stralciato l’episodio relativo alle presunte minacce ai danni di due giornalisti che lavoravano come inviati, nel 2002, durante il ritiro della Lazio a Vico di Fassa. Il gip infatti sentenziò il «non luogo a procedere» in quanto gli imputati erano già stati giudicati dal tribunale di Trento. Gli ultras, nonostante questa vittoria processuale, non possono tirare un sospiro di sollievo. Lo scorso gennaio infatti, per il tentativo di scalata alla Lazio, sempre il tribunale di Roma, aveva condannato (in primo grado) quattro tifosi tra cui gli stessi Piscitelli, in arte «Diabolik», Toffolo, Arcivieri e Alviti. In quell’occasione furono condannati anche il manager Guido Carlo Di Cosimo, Giuseppe Bellantonio e Fabrizio Marziantonio. L’ unico assolto era stato Bruno Errico.