In piccionaia:| Lo stadio cerca Conte ma non lo trova
Tuta bianconera, mani appoggiate sul tavolo. Antonio Conte osserva il Franchi dall’alto: niente tribuna per il tecnico, nessun contatto con i tifosi, ma un piccolo spazio stretto fra il telecronista di Juventus Channel e il muro. Il campo è lontano e, per una notte, lontana appare anche la truppa plasmata sul dna del suo condottiero. Bonucci annaspa («Non è colpa mia se non è al meglio...», dirà Chiellini a Carrera dopo una sbandamento che per poco non si traduceva nel gol di Ljajic), la traversa salva Buffon, Pirlo non ha la bacchetta magica per innescare l’attacco.
Conte scalpita, si agita, è in partita come mai. A pochi metri di distanza dal condottiero bianconero c’è lo stato maggiore al gran completo. Il numero uno della Juve Andrea Agnelli è seduto in tribuna d’onore accanto a Pavel Nedved e all’amministratore delegato Beppe Marotta. «Non trovare un posto all’allenatore ospite, squalificato, non mi sembra un bel segnale per il calcio...», era stato l’affondo di Marotta ai microfoni di Sky quando al fischio d’inizio mancavano pochi minuti. Immediata la replica dell’amministratore delegato della Fiorentina Sandro Mencucci. «La verità è che il posto per Conte in tribuna c’era, ma - così l’ad viola - è stato Conte a scegliere di accomodarsi nello spazio occupato da Juventus Channel...».
Quella sul destino di Conte una volta dentro lo stadio è stata la telenovela della vigilia della sfida di Firenze. Alla fine, il tecnico bianconero ha vissuto l’intero duello nella postazione meno esposta a possibili trappole perché lassù, ad un niente dal tetto del Franchi, nessuno poteva capirne o decifrarne gli umori. Dieci sono stati gli agenti di polizia o i militari dei carabinieri in borghese a garantire all’allenatore della Juve la massima tranquillità e sicurezza. Conte ha avuto gli occhi addosso di tutto lo stadio, ma soltanto a distanza perché nessuno è riuscito a capire da dove stava seguendo la partita.
Lontano dai tifosi, ma anche dalla sua Juve. Il pubblico di Firenze fischia i bianconeri (beceri i cori pre partita inneggianti alla tragedia dell’Heysel), i primi segnali dall’alto arrivano dopo quasi un’ora di gioco: fuori Quagliarella, dentro Vucinic. La scossa non c’è, mai come ieri sera la presenza a bordo campo di Conte avrebbe avuto un suo peso specifico. Mai come ieri sera, infatti, la truppa bianconera non è riuscita ad invertire il copione di una sfida sempre fra i tacchetti di Jovetic e compagni. «Non è vero che esiste una clausola anti-Juve nel contratto del montenegrino. Questa è una leggenda metropolitana. Di vero - dice l’ad Mencucci - c’è che Jovetic interessa a molti club, ma è a Firenze...».
Conte è in tuta, colori sociali, mani attaccate al tavolo: accanto a lui la tv di Vinovo. Per lo stadio c’è, ma non si vede. La Fiorentina gioca all’attacco, la Juve perde il suo direttore d’orchestra: Pirlo viene richiamato in panchina, per lui c’è la prima sostituzione in corso d’opera. Conte è un piccolo puntino, nascosto fra le telecamere e il muro, Buffon ha le mani giganti come capita spesso. «Abbiamo sofferto, ma - spiegherà il portiere bianconero - non abbiamo perso: questo è un bel segnale, mi prendo un punto che considero buono. Eravamo un po’ stanchi...». Sette con quella di ieri, sono fino ad ora le partite della Juve senza la presenza di Contein panchina. A Firenze, l’assenza del tecnico, squalificato, ha avuto un peso specifico ben diverso da tutte le altre perché la sua Juve non è riuscita mai a cambiare lo spartito del duello. Dall’inizio alla fine. Con o senza Pirlo in mezzo al campo. «Se ho salutato Agnelli? Non ci siamo incontrati e neppure cercati...», così il presidente della Fiorentina Andrea Della Valle. Già, la vigilia della notte del Franchi era vissuta anche sul duello a distanza fra il signor Tod’s e l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. Un botta e risposta lontano dal calcio.