Lanzafame lascia il calcio e racconta a CM: 'Una carriera sulle montagne russe. Futuro? Sono un po' spaventato'
Quant'è difficile il momento del ritiro per un giocatore?
"Dico sempre che anche quando si è pronti a lasciare il calcio non si è mai pronti per davvero. Da quando ho sei anni mettevo gli scarpini tutti i giorni, già ora che non mi succede da qualche giorno ho una crisi d'identità. Un po' sono spaventato, come penso lo sarebbe chiunque".
Ora rimarrà nel mondo del calcio?
"L'obiettivo è quello, ma non deve diventare un'ossessione. Se succederà lo sarà in maniera naturale, altrimenti farò altro".
In che ruolo si vede?
"Non lo so, ho bisogno di mesi per capire cosa voglio fare e prendere tutte le licenze. Poi valuterò cosa fare. Cercherò di aprirmi più prospettive possibili, filtrandole man mano fino a cercare la soluzione migliore per il mio futuro".
15 anni di calcio. Cosa rimane?
"Ho sempre vissuto in maniera intensa, tra cambiamenti continui e alti e bassi incredibili. E' stato un percorso pieno di soddisfazioni e con qualche delusione; ho viaggiato molto, fallito alcune opportunità e mi sono rialzato in altre situazioni. Mi sento di aver dato tutto quello che potevo, per questo ho deciso di smettere piuttosto che andare avanti tanto per".
Ha girato l'Italia in lungo e in largo toccando anche Ungheria e Turchia.
"Mi piace aver viaggiato molto, il mio percorso me lo immaginavo anche all'estero per vivere la loro visione del calcio e della vita. Sono soddisfatto di quello che ho fatto, per questo forzare il percorso sarebbe stato un andare oltre".
Qual è stato il momento più bello della sua carriera?
"Ne scelto tre. Al primo posto metto sicuramente l'esordio con la Juventus, il club dove sono cresciuto; poi scelgo le esperienze tra Bari, Parma e Perugia, per motivi diversi sono state le tre tappe più importanti della mia carriera in Italia e dove ho ricordi positivi. Infine prendo il mio percorso in Ungheria, cinque anni tra Honved e Ferencvaros durante i quali sono stato benissimo facendo diventare quel Paese il mio punto di riferimento".
E il momento più difficile?
"E' inutile girarci intorno, il periodo della squalifica. Sono stato 16 mesi senza contratto e senza poter giocare. E' stato molto complesso, ma anche formativo: mi ha consentito di guardare la realtà e diventare professionista per una seconda volta. E sono orgoglioso di avercela fatta di nuovo, ripartendo da Perugia che mi ha dato la possibilità di ricominciare".
Ha qualche rimpianto?
"No, zero. Ed è una delle cose di cui mi vanto. E' stato un percorso con clamorosi up and down, una montagna russa incredibile ma fa parte del mio carattere: ho sempre vissuto a mille. A volte facendo anche scelte impopolari, ma sempre per amore di questo sport".
Amici nel mondo del calcio?
"Tanti conoscenti, ma gli amici veri rimangono pochi e sono tutti fuori da questo sport. Però posso dire di aver conosciuto persone speciali come Giacomazzi, Crespo, Inler, Chiellini... insegnanti di vita che mi hanno lasciato qualcosa d'importante, i loro consigli me li porto dietro ancora oggi".