MasterSport: la violenza si placa col marketing
Oltre al Presidente A.I.C., Damiano Tommasi, nel pomeriggio hanno preso la parola Alberto Intini, Presidente Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, Narciso Pisacreta, Vice Presidente A.I.A., Renzo Ulivieri, Presidente A.I.A.C, il Sub-Commissario Lega Pro Paolo Marcheschi, Manuela Bertona della Lega Serie A, Andrea Abodi, Presidente Lega B, Giorgio Marchetti, Direttore Competizioni U.E.F.A. e, per ultimo, il Direttore Generale F.I.G.C. Michele Uva.
Dei contributi del mattino, i più stimolanti e i più citati nella sessione pomeridiana sono stati quelli del Prof. Luca Di Nella (Università di Parma) e della Dott.ssa Ilaria Giannecchini (Università di Firenze), vale a dire quelli inerenti alla normativa tedesca e inglese.
Non a caso Tommasi, introducendo la tavola rotonda, ha ripreso il nocciolo della relazione di Di Nella, spostando la questione da un problema di sicurezza a un problema di marketing: "quali clienti vogliamo, quale pubblico?". Questa infatti è stata la soluzione tedesca: la stretta di mano fra diritto privato (lo stadio è mio) e marketing (quindi gli inviti li faccio io).
Unanime, invece, la critica al modello inglese esposto dalla Giannecchini. Trattasi di un falso mito, prima di tutto, poi, come è stato ripetuto da molti, di un modello inesportabile, e che oltretutto, ricorda Pisacreta, "va contro i nostri principi costituzionali". Falso mito perché il rovescio della medaglia di un sistema apparentemente perfetto è la caccia alle streghe, dato che il tutto poggia sull'estensione dei poteri della polizia in nome della Queen's peace, ovvero sul sospetto e la discrezionalità soggettiva di ogni singolo agente, a discapito della privacy, della libertà e dei diritti del singolo.
Tommasi ha poi ricordato che esistono "varie forme di violenza nel calcio" e che "non ci si può concentrare solo sugli scontri fra polizia e tifoserie, tifoserie e tifoserie, ma si deve anche prestare attenzione al rapporto fra gli stessi giocatori e i propri tifosi". A questo tema si sono riallacciati Ulivieri prima e Uva poi, uno a sostegno del dialogo e dell'abbattimento delle barriere come "solo rimedio e rischio da accettare", l'altro ricordando la nuova norma vigente: "E' prevista la squalifica automatica più sanzione per quei giocatori che accetteranno di andare a mortificarsi sotto la curva".
Sempre a proposito delle barriere, per quanto concerne l'impiantistica, c'è stata sintonia assoluta: "pensavo di venire a fare la mosca bianca e invece sono compiaciuto di aver sentito tanta apertura", ha esordito il Direttore Competizioni U.E.F.A Giorgio Marchetti. La Lega, sostiene Abodi, dopo aver giocato col titolo del convegno ("Violenza negli o violenza degli stadi?"), deve "fungere da guida" e "ricordare sempre che esistono strumenti per poter finanziare impianti di livello. Poi ogni club fa le sue scelte". Meno tenero in proposito Uva, il quale "non assolve le società pigre" e cita il suo motto personale a mo' di strizzata d'orecchi: "Rinuncia a un giocatore e fatti una rata di mutuo".
Prezioso è stato poi l'intervento di Intini che, riportando i dati del rapporto 2014 dell'Osservatorio, ha segnalato un trend migliorativo nel post-Raciti, ovvero in seguito ai gravi fatti di Catania-Palermo del 2 Febbraio 2007 e alle conseguenti misure normative introdotte d'urgenza. Se il problema non è risolto, occorre però avere un "moderato ottimismo", nella consapevolezza che, altrove, "non ci sono paradisi".
Si parla allora di "fase 2", secondo Marcheschi. Dopo la repressione "è il momento dell'inclusione". Ed ecco allora la figura dello SLO (per Uva addirittura "indispensabile"), una figura di mediazione tra tifosi e club che in altri paesi ha funzionato molto e che servirebbe a mantenere in prossimità gli attori e gli spettatori dello stesso evento.
Infine le parole di Bertona hanno sottolineato un altro dato importante: "da un'indagine demoscopica si evince che il 72% degli italiani non va allo stadio perché lo percepisce come un luogo pericoloso. C'è dunque un problema grave di percezione collettiva che va risolto". Per contrastare questa immagine distorta sono stati citati due casi, quello dello Juventus Stadium e "l'esempio del Sassuolo che, investendo molto sugli steward, è riuscito ad affrontare delle gare in totale assenza di Forze dell'Ordine".
Alla fine del convegno si è avuta l'impressione che a un cambiamento auspicabile a livello di impiantistica debba comunque accompagnarsi una "palingenesi culturale".
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