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La triste vecchiaia di Capello: 10 anni di fallimenti, l'Italia non ha bisogno di lui!
In realtà, da quando, nel 2007, ha lasciato una Liga appena conquistata con il Real Madrid, Capello ha collezionato solo delusioni, fallendo proprio con due Nazionali (inglese e russa) e, qualche giorno fa, sciogliendo il rapporto con il club cinese di Suning, lo Jiangsu, dove era approdato nel giugno scorso, portandosi due allenatori di campo come Gianluca Zambrotta e Cristian Brocchi.
Smentito con i fatti di avere scelto solo la carriera dell’opinionista televisivo (e del pensionato), Capello a 71 anni è andato dall’altra parte del mondo ignorando due cose. La prima, che era già ricco abbastanza per fermarsi definitivamente. La seconda, che il suo tempo era finito.
Non è (solo) una questione di età. E’ che il modo di fare calcio - quindi di investire, ottenere profitti, raggiungere risultati - è radicalmente cambiato. E se in Cina hanno accettato di versarti uno stipendio equivalente a dieci milioni annui, di sicuro pretendono che con i calciatori a disposizione quei soldi dimostri di valerli.
Non ci sono più più rendite di posizione. Come non basta più essere un marchio. Più il livello si alza e più la richieste aumentano: altrove (Parigi, Londra) se ne sono accorti (o se ne stanno accorgendo) Blanc, Emery, Conte.
In Cina Capello voleva giocatori migliori di quelli che aveva per vincere la Champions asiatica. La famiglia Zhang, al contrario, riteneva che con quella squadra potesse competere. Così il rapporto si è interrotto e Capello è tornato a casa.
Dove più di qualcuno lo candida come c.t. della nostra Nazionale. Eppure, basterebbe ricordare i risultati ottenuti alla guida dell’Inghilterra e della Russia per rifuggire questa tentazione. Coppa del Mondo in Sudafrica 2010. Nel girone di qualificazione, l’Inghilterra pareggia con Stati Uniti ed Algeria, vince di misura con la Slovenia e passa il turno. Agli ottavi trova la Germania che la batte 4-1, la sconfitta più pesante dell’Inghilterra nella fase finale di un Mondiale.
Dal 2008 al 2011, Capello colleziona 42 gare da c.t., ne vince 28, 8 le pareggia e ne perde solo 6. Di per sè il rendimento sarebbe buono, se non fosse che le sconfitte (e anche qualche pareggio di troppo) arrivano nei momenti decisivi. E che le vittorie si pesino (e non si contino) lo dovrebbe sapere anche il nostro ex c.t. Gian Piero Ventura che, giusto il giorno dopo l’eliminazione subita dalla Svezia ai play-off, disse: “Se guardiamo ai risultati sono uno dei migliori c.t. degli ultimi quarant’anni”. Peccato che l’unico risultato che davvero contasse, in due anni di lavoro, fosse la qualificazione. Non coglierla resta il fallimento massimo. Come per Capello essersi fermato agli ottavi. Dopo l’Inghilterra, nel 2012, Capello vola in Russia, terzo allenatore più pagato al mondo (7,8 milioni di euro). La sua nazionale non perse mai in amichevole (sette vittorie e cinque pareggi), ma si squagliò nel caldo brasiliano (Coppa del Mondo 2014). Nel girone, la Russia pareggia con Corea del Sud e Algeria, perde con il Belgio.
Capello sembra al capolinea. Infatti, la Russia è l’ultimo domicilio calcistico conosciuto prima della Cina.
Alla quale arriva dopo un lungo stop che sembra preludere - parole sue - al ritiro. Invece Capello non resiste all’offerta di Walter Sabatini e di Suning accettando, a 70 anni, l’insondato calcio asiatico. E se il primo intervento è di pura emergenza (salvare lo Jiangsu in piena lotta per non retrocedere), il secondo sarebbe di elevarlo al rango che gli spetta (competere per il titolo). Invece in tre partite arrivano una vittoria e due sconfitte. A lui serve di più. Ai cinesi basta così.
Cala il sipario, ma con Capello (e i suoi infaticabili sostenitori) non si può mai dire.