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La tragedia del Manchester United colpisce al cuore anche gli italiani
I “BUSBY BABES” - Appena terminata la seconda guerra mondiale il Manchester United viene affidato allo scozzese Alexander Matthew Busby, ex giocatore del Liverpool e dei cugini del Manchester City. È proprio con Matt Busby che i Red Devils risorgono e si impongono nel calcio inglese. Prima con tre secondi posti consecutivi e quindi nel 1952 con la vittoria del titolo in First Division. Ma è con gli anni successivi che nasce il mito dei Busby Babes, quando molti giovani vengono catapultati dalle giovanili direttamente in prima squadra e, forgiati da Busby, portano il Manchester a vincere due campionati consecutivi dal 1955 al 1957 e a partecipare per la prima volta alla Coppa dei Campioni. Sono tutti calciatori giovanissimi, di venti e ventuno anni, alcuni dei quali veri e propri predestinati. Duncan Edwards è probabilmente il più forte. Tesserato dal Manchester all'età di quattordici anni, Edwards esordisce in prima squadra a sedici e ben presto conquista un posto fisso nella nazionale inglese. Non sopravviverà all'incidente. Chi invece sopravvive e sarà autore di una carriera fantastica è Robert Charlton, detto Bobby, leggendario attaccante che dopo aver vinto il Pallone d'Oro e i Mondiali con l'Inghilterra nel 1966 porterà il suo Manchester United a vincere la Coppa dei Campioni nel 1968, dieci anni esatti dalla tragedia di Monaco. Chi non sopravvive al disastro anche, tra gli altri, il capitano Roger Byrne, titolare da oltre quattro anni nella nazionale inglese e l'irlandese Liam Whelan al cui funerale a Dublino partecipano più di ventimila persone.
FIAMME NELLA NEVE - La tragedia che spezza la vita a buona parte della meglio gioventù dello United avviene l'indomani del quarto di finale della Coppa dei Campioni 1957-58. Il Manchester con il pareggio 3-3 nella bolgia di Belgrado ha eliminato la Stella Rossa e si è qualificato per le semifinali. L'aereo che deve riportare a casa i Red Devils e gli accompagnatori fa scalo all'aeroporto di Riem, a Monaco di Baviera per il rifornimento. Fa freddo e inizia a nevicare, l'aereo prova a decollare un paio di volte ma in entrambi i casi non vi riesce e i passeggeri vengono fatti scendere per permettere in controlli. Il terzo tentativo pare essere quello giusto, l'aereo si stacca dal suolo ma non prende quota, non si alza a sufficienza, quando finisce la pista è ancora troppo basso, sfiora gli alberi, non può evitare il tetto di una casa e precipita su di un deposito di benzina. È subito un inferno. Si sprigionano fiamme altissime e l'incendio in pochissimi secondi fa scoppiare uno dei motori. Delle 44 persone a bordo la metà trova la morte, chi sul colpo, chi dopo giorni di agonia.
Luigi Gianoli dalle colonne de La Gazzetta dello Sport così commenta questa tragedia, legandone il ricordo a Superga:
“(...) Il cuore degli sportivi italiani ha già conosciuto questo sgomento, questa disperazione che ora coglie gli inglesi: il dolore senza consolazione di una tragedia tanto spaventosa, quasi orribile nella cancellazione di una squadra intiera, di una compagine, orribile perchè aggiunge alla sventura dei singoli lo sfacelo di quell'anima collettiva che è una formazione sportiva.”
Alla tragedia di Superga del 1949 si lega anche una persona che trova la morta nel rogo di Monaco. Si tratta di Frank Swift, da pochi anni passato al giornalismo ma con alle spalle una sontuosa carriera da portiere, anche della nazionale, che nel maggio del 1948 a Torino prima di Italia-Inghilterra aveva stretto la mano, da capitano, al capitano azzurro Valentino Mazzola. Una stretta di mano tra due persone accomunate da uno stesso, tragico destino.
COME STA BUSBY? - Per giorni e giorni quella è stata la domanda prevalente a Manchester e non solo. Mentre Manchester, l'Inghilterra e il mondo calcistico tutto stanno piangendo questa nuova tragedia Matt Busby, il demiurgo di quella squadra fenomenale, sta lottando tra la vita e la morte in un letto di un ospedale in Germania. I suoi collaboratori Tom Curry e Bert Whalley sono già morti. Busby lotterà per settimane, per ben due volte riceverà i sacramenti dal cappellano, ma alla fine vincerà la sua battaglia contro la morte e tornerà ad allenare. Busby ripartirà da dove il destino lo aveva tragicamente bloccato, dal Manchester United e dal sopravvissuto Bobby Charlton attorno al quale con pazienza e dedizione ricostruirà un nuovo grande Manchester che nel 1968, dieci anni dopo questa tragedia, alzerà finalmente al cielo la Coppa dei Campioni.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)