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La Supercoppa italiana deve restare in Italia
Parlo come mangio, dunque molto e male: la Supercoppa Italiana giocata all’estero è una cagata pazzesca. E lo è da quattordici anni. Mi sono quasi stupito verificando sul database che la prima edizione fuori dal nostro confine fu giocata nel 2002, a Tripoli, con Gheddafi in tribuna. Da allora si è visto di tutto. Campi improponibili, con buche profonde come voragini e riempite di terra e segatura; aerei in ritardo in arrivo e in partenza; campi di allenamento per la rifinitura degni della seconda categoria italiana; un caldo terrificante a dicembre e un’umidità degna della foresta pluviale. Produzioni televisive al limite del dilettantistico.
Qualcuno ricorda la partita di Shanghai tra Juventus e Lazio, giocata su un campo vergognoso con tanto di cronometro farlocco non in sincronia con quello dell’arbitro?
In tanti hanno detto e scritto questa cosa… Mi aggiungo al coro. Cara Lega, se proprio vuoi guadagnare qualche milione di euro, del quale non avresti bisogno, su un prodotto che infili dove meglio capita – o all’inizio della stagione o poco prima di Natale – prova a venderlo meglio e magari a organizzarlo in Italia. Ci sono decine di stadi nel nostro paese che potrebbero ospitare una partita del genere e che da anni non vedono calcio di alto livello: mi vengono in mente Trieste e Messina (40mila posti!) così, su due piedi. Ma le soluzioni potrebbero essere molte. Perché riservare agli emiri un trofeo italiano che oltretutto, questa volta, si è rivelato anche frutto di un’eccellente partita di calcio?
Non capisco, ma sono tante le cose riguardanti le scelte della Lega che non riesco a capire e forse non capirò mai. Ho trovato grottesca la vicenda del Milan, sponsorizzato da un colosso del trasporto aereo, che non riusciva a partire perché il suo charter era paralizzato altrove.
Faccia una bella cosa la Lega, ma bella davvero: risparmi sui soldi che spreca in stupide promozioni e consulenze e rilanci Coppa Italia e Supercoppa qui, a casa nostra, con un calendario sensato e magari addirittura con il presupposto di non guadagnarci. Ma di offrire uno spettacolo dignitoso al pubblico di stadi e tv.
Non mi sembra sia chiedere troppo.