La Serie A e il problema del tempo effettivo: non è solo colpa degli arbitri. In Europa non saremo mai competitivi
Colpa del ritmo, troppo basso, e delle partite, troppo spezzate. Colpa di un tempo effettivo che per la Serie A è raramente sopra il 60%, come è per esempio accaduto in tutti e quattro i quarti di finale di Champions League o nel big match di domenica tra Manchester City e Liverpool. Ne aveva parlato chiaramente Stefano Pioli, allenatore del Milan, nel post partita della sfida pareggiata all'Allianz Stadium contro la Juventus, il 19 settembre 2022: "Siccome continuiamo a parlare di problemi in Europa, oggi abbiamo giocato 48 minuti di tempo effettivo, così si farà sempre fatica. Ci sono problemi di atteggiamenti di noi addetti ai lavori che perdiamo tempo a protestare e gli arbitri fischiano troppo. Dobbiamo alzare il tempo effettivo se vogliamo rapportarci ad altri campionati dove la mentalità e la cultura sono diverse. Così migliorerebbe anche lo spettacolo per il pubblico".
Più o meno lo stesso discorso l'ha ripetuto dopo il pareggio contro l'Udinese, il 25 febbraio scorso ("Non è possibile anche che il tempo effettivo sia stato solo di un tempo praticamente. Non si può giocare così poco, non è corretto. E' troppo poco giocare 45' su una partita da 90'. Se uno fischia meno, i giocatori si alzano subito e non restano a terra a perdere tempo. Su questa cosa la colpa è degli arbitri e non dei giocatori") e ieri, dopo lo 0-0 contro il Torino ("Non ha senso dare tanti minuti di recupero, se prima non si tutela il ritmo della partita. Nel recupero quanti minuti si giocano? Ho detto all'arbitro di non dire che recuperano le perdite di tempo e invece poi non fare niente per evitare che si interrompa il ritmo della partita"), una sfida nella quale si è giocato 52 minuti e 10 secondi (24' e 14'' il primo tempo e 27' e 56'' nella ripresa) dei 97' e 20'' di gioco. Il 54% effettivo.
In Italia si gioca poco, perché principalmente ai giocatori e agli allenatori (che esagerano nelle proteste) viene concesso di fare quello che vogliono. Sono loro responsabili, almeno quanto gli arbitri, che permettono ogni tipo di interruzione, di perdita di tempo, nonostante le direttive dall'alto di Gianluca Rocchi siano quelle di limitare i fischi allo stretto necessario. C'è poi il capitolo Var e i tempi di attesa, a volte troppo lunghi, ma rispetto al 2020-21 è stato fatto un passo in avanti. Il cambiamento, insomma, deve essere ad ampio raggio, a partire dalla mentalità, dalla cultura. Perché il prodotto calcio italiano così non va. Senza appeal non può esserci salto di qualità.