La Russia si inventa il doping da sesso. Il precedente Borriello-Belen
Dopati di sesso? Da oggi rischiate di dover fare i conti con un nuovo ostacolo: risultare positivi all’antidoping, appunto. Pare una di quelle bufale che di questi tempi circolano indisturbate per il web, e invece no. Si tratta delle parole pronunciate con la massima serietà da Vitaly Mutko, segretario di stato russo con delega allo sport, durante un’intervista rilasciata al sito Sport-Express. Nel pieno della buriana sul doping di stato, certificato dal rapporto dell’agenzia mondiale antidoping (WADA) firmato dal giurista canadese Richard McLaren , Mutko prova a salvare il buon nome dello sport nazionale. Ma anche il suo, dato che egli stesso viene indicato come il responsabile politico della gigantesca macchina dell’imbroglio farmacologico. E dovendo fornire una spiegazione Mutko si attacca a argomenti pseudo-scientifici, che fra l’altro hanno validità limitata perché verrebbero a scagionare soltanto le atlete, ma non i colleghi uomini.
Come riporta l’articolo messo in rete da Le Monde, Mutko ha sostenuto che i rapporti sessuali intrattenuti dalle atlete entro cinque giorni dallo svolgimento della gara possono lasciare tracce di Dna maschile nel loro organismo. Un argomento che pare esposto per rispondere alle eccezioni sollevate nel Rapporto McLaren, relativamente ai risultati dei test antidoping somministrati a alcune giocatrici della nazionale russa di hockey su ghiaccio. Questi test hanno rivelato la presenza di Dna maschile, ciò che nel rapporto viene giudicato “fisiologicamente impossibile”, e che perciò può essere spiegato come un tentativo di manomettere le prove. E invece Mutko ha pronta la spiegazione. È solo una questione di rapporti sessuali. Lo dice con la sicumera di chi, anziché essere messo da parte per essere stato tirato dentro da uno scandalo di tali dimensioni, si è visto confermare la fiducia dal presidente Vladimir Putin che l’ha promosso dal ruolo di mero ministro dello Sport a quello di Segretario di Stato, cioè vice-primo ministro. Un segnale di riconoscenza verso un fedelissimo, ma soprattutto un messaggio al mondo esterno: quello sul doping di stato è un dossier che la leadership russa giudica politico al massimo livello. Su questo fronte non vi sarà il minimo segnale di cedimento.
Un’ultima annotazione riguarda l’aneddotica che l’articolo di Le Monde richiama sul tema del rapporto fra doping e relazioni sessuali. Fra i tanti episodi viene menzionato quello che coinvolse Marco Borrielo e un’ancora semisconosciuta Belen Rodriguez. Dopo un Milan-Roma del dicembre 2006, Borriello risultò positivo all’antidoping. Nelle sue urine vennero trovate tracce di metaboliti di cortisone. La rampante fidanzata provò a scagionarlo durante un’intervista. Raccontò di aver utilizzato una pomata al cortisone per curare un’infezione vaginale, e che violando le raccomandazioni del medico (da cui era giunto l’invito all’astinenza durante il periodo d’assunzione del farmaco) aveva avuto col suo uomo un rapporto sessuale non protetto. Da lì, secondo Belen, la causa della positività di Borriello. Per lei fu tutta pubblicità, per lui una figura sgradevolissima che fra l’altro non servì a evitargli i tre mesi di squalifica. Ma ormai è storia vecchia. Accaduta dieci anni e diverse pomate fa.
@pippoevai
Come riporta l’articolo messo in rete da Le Monde, Mutko ha sostenuto che i rapporti sessuali intrattenuti dalle atlete entro cinque giorni dallo svolgimento della gara possono lasciare tracce di Dna maschile nel loro organismo. Un argomento che pare esposto per rispondere alle eccezioni sollevate nel Rapporto McLaren, relativamente ai risultati dei test antidoping somministrati a alcune giocatrici della nazionale russa di hockey su ghiaccio. Questi test hanno rivelato la presenza di Dna maschile, ciò che nel rapporto viene giudicato “fisiologicamente impossibile”, e che perciò può essere spiegato come un tentativo di manomettere le prove. E invece Mutko ha pronta la spiegazione. È solo una questione di rapporti sessuali. Lo dice con la sicumera di chi, anziché essere messo da parte per essere stato tirato dentro da uno scandalo di tali dimensioni, si è visto confermare la fiducia dal presidente Vladimir Putin che l’ha promosso dal ruolo di mero ministro dello Sport a quello di Segretario di Stato, cioè vice-primo ministro. Un segnale di riconoscenza verso un fedelissimo, ma soprattutto un messaggio al mondo esterno: quello sul doping di stato è un dossier che la leadership russa giudica politico al massimo livello. Su questo fronte non vi sarà il minimo segnale di cedimento.
Un’ultima annotazione riguarda l’aneddotica che l’articolo di Le Monde richiama sul tema del rapporto fra doping e relazioni sessuali. Fra i tanti episodi viene menzionato quello che coinvolse Marco Borrielo e un’ancora semisconosciuta Belen Rodriguez. Dopo un Milan-Roma del dicembre 2006, Borriello risultò positivo all’antidoping. Nelle sue urine vennero trovate tracce di metaboliti di cortisone. La rampante fidanzata provò a scagionarlo durante un’intervista. Raccontò di aver utilizzato una pomata al cortisone per curare un’infezione vaginale, e che violando le raccomandazioni del medico (da cui era giunto l’invito all’astinenza durante il periodo d’assunzione del farmaco) aveva avuto col suo uomo un rapporto sessuale non protetto. Da lì, secondo Belen, la causa della positività di Borriello. Per lei fu tutta pubblicità, per lui una figura sgradevolissima che fra l’altro non servì a evitargli i tre mesi di squalifica. Ma ormai è storia vecchia. Accaduta dieci anni e diverse pomate fa.
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